Da oggi a venerdì la comunità internazionale delle tecnologie "geospatial" si riunisce a Como per la seconda edizione della conferenza europea Foss4g, acronimo di "Free and open source for geospatial" coniato dalla Open source geospatial foundation (Osgeo) e che vede in Italia l’organizzazione del Politecnico di Milano.
Davanti ad una platea di 400 persone la Nasa, con il project manager Patrick Hogan, presenterrà la nuova versione del suo "globo virtuale" Nasa World Wind, molto più performante grazie al linguaggio Html5 e alla libreria WebGl, e completamente personalizzabile.
"Le collaborazioni dell’agenzia americana con il nostro Paese sono consolidate – si legge in un articolo pubblicato oggi on-line su Corriereinnovazione.corriere.it -: un’azienda trentina, la Trilogis guidata da Gianni Rangoni, ha reso visualizzabile con una webapp la cartografia collaborativa di Openstreetmap in Nasa World Wind; ed è la stessa che, qualche anno fa, ha conquistato le attenzioni degli americani con un software che ha consentito di mappare le migrazioni delle locuste salvando raccolti e vite umane nei paesi più poveri del mondo".
Un settore, quello del "geospatial" nel quale "siamo riconosciuti in tutto il mondo —- spiega Maria Antonia Brovelli, prorettrice del Politecnico di Milano —- e i nostri talenti lavorano nell’open source per le principali aziende, molte delle quali straniere, a volte persino restando in patria. Ma il settore pubblico italiano ricorre poco all’open source. E non abbiamo ancora un corso di studi in geoinformatica".
A Como, insieme a Foss4g, si tengono anche il "Nasa world wind Europe challenge" e la seconda conferenza di "i-Locate", il progetto di localizzazione indoor che coinvolge molti Paesi europei. Ci sarà spazio anche per esperienze dirette di "mapping", mescolando scienza e divertimento.
"Terremo un mapping party — spiega Brovelli – per mappare un’area della città di Como: gli esperti spiegheranno in concreto come si fa, utilizzando Openstreetmap, a un centinaio di persone all’aperto, per le vie della città. C’è poi l’emotional mapping: le persone, attraverso una app, potranno costruire le aree che più gradiscono della città, fornendo anche uno strumento di lettura e governo del territorio".
Ulteriori esperienze riguarderanno l’"indoor mapping" collaborativo di un’area del Politecnico stesso e una gara per validare tassello per tassello il database mondiale regalato dal governo cinese all’Onu. Perché non in Italia? Il settore vale molto, ma l’Italia non lo sfrutta ancora appieno.
"Conosco molte aziende che firmano importanti contratti all’estero —- rimarca Brovelli —- e all’estero generano la maggior parte del proprio fatturato. Non che in Italia non vi sia domanda. Molti enti pubblici, però, utilizzano software proprietari anziché open source. Dimostriamo di avere buoni utilizzatori ma, visto che abbiamo ottimi sviluppatori, sarebbe meglio valorizzare questi ultimi". Il sistema universitario, poi, accusa un ritardo rispetto alle stesse competenze che molti nostri giovani dimostrano sul campo all’estero: "Il livello dell’università italiana è buono —- sottolinea Brovelli -— ma dobbiamo fare un grande sforzo nell’education. Le tecnologie geospaziali sono sempre più importanti ma nel nostro Paese non esiste un corso di geoinformatica, una disciplina che si pone a metà tra l’ingegneria ambientale e la geomatica. Non esiste un percorso culturale specifico, e come Politecnico ci stiamo battendo da tempo al ministero della università e della ricerca per riuscire a partire in fretta. All’estero ce l’hanno già e io mi chiedo: why not in Italy?".
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