Il Partito democratico (Pd) di Matteo Renzi e’ stato contestato nelle urne domenica in occasione delle elezioni regionali in Italia, segnate dalle percentuali elevate del Movimento 5 stelle e della Lega Nord, due formazioni contrarie ciascuna alla propria maniera all’elite politica italiana. Sette delle 20 regioni del paese erano in gioco per questo primo test elettorale di peso dopo un anno dall’arrivo al potere del giovane presidente del Consiglio Renzi.
Il centro sinistra e’ avanti in cinque regioni, ma questo risultato e’ meno largo del previsto: dovrebbe facilmente conservare la Toscana, le Marche e le Puglie secondo le proiezioni effettuate a partire dai primi risultati; in Umbria dovrebbe ottenere un leggero vantaggio, benche’ sia uno dei suoi bastioni; dovrebbe invece perdere la Liguria, dove si presentava una lista di estrema sinistra ostile alle politiche di Renzi.
Il centro sinistra dovrebbe anche strappare la Campania al centrodestra, nonostante le accuse di corruzione contro il suo candidato, Vincenzo De Luca. La Lega Nord, ostile all’immigrazione ed al trasferimento di ricchezza verso il sud del paese, sembra aver riportato una vittoria schiacciante in Veneto, uno dei suoi feudi, estendendo la sua base tradizionale sotto la guida di Matteo Salvini.
Sommando i diversi risultati locali, il Pd otterrebbe il 22,6 per cento dei voti, cioe’ nettamente meno del 41 per cento raccolto nelle europee del 2014 in tutta Italia. Il Movimento 5 stelle sarebbe arrivato secondo con il 19,6 per cento mentre la Lega Nord, con il 12,9 per cento, sottrae simbolicamente a Forza Italia di Silvio Berlusconi (10,3 per cento) lo status di prima formazione della destra.
Lo scrutinio e’ stato segnato da una astensione in aumento: la partecipazione al voto e’ stata compresa tra il 49 ed il 56 per cento alle regionali; mentre e’ stata del 64 per cento alle elezioni municipali che si sono svolte contemporaneamente in molti comuni: in media si tratta di punti percentuali meno degli ultimi scrutini simili nel 2010.
Questi risultati sembrano fare eco a quelli registrati una settimana fa in Spagna, con l’avanzata del movimento anti-austerita’ di Podemos; e potrebbero annunciare giorni difficili in Parlamento per Matteo Renzi, che tenta di far adottare le riforme del mercato del lavoro e della scuola contestate dai sindacati, dai suoi avversari politici ed anche dalla sinistra del suo stesso partito, proprio mentre l’Italia, terza economia della zona euro, sembra emergere da tre anni di recessione.
Alla vigilia delle elezioni locali Renzi aveva ricevuto il primo ministro francese Manuel Valls a Trento, in occasione del festival dell’economia fondato da Tito Boeri. Il duo e’ ormai ben rodato: Renzi e Valls hanno rivendicato il loro riformismo social-democratico, contrapponendolo al "conservatorismo" della sinistra tradizionale. E quasi un anno dopo aver promesso, in un incontro a Bologna, di "sbloccare l’Europa", i due giovani statisti hanno ribadito di voler "cambiare le politiche europee" mostrando la loro convergenza sulla necessita’ di rilanciare gli investimenti e mettendo da parte le divergenze tattiche sulle "quote migratorie".
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