"Legge elettorale, riforme costituzionali: c’è molto da fare, ma adesso si cambia verso". A parlare non è Matteo Renzi ma poco ci manca. Con questo tweet pubblicato in mattinata, Maria Elena Boschi, neoresponsabile delle Riforme istituzionali in segreteria e fedelissima del sindaco di Firenze, ha fatto capire in poche parole che il nuovo Pd vuole accelerare. Nessuna pistola puntata alla tempia del governo Letta, ma un timing preciso che veda Renzi come conduttore delle trattative per portare a casa l’agognata legge elettorale.
D’altronde era stato lo stesso segretario dem a farlo capire, ieri, nella sua prima uscita a largo del Nazareno: "Il superamento del porcellum è una priorità". Concetto ribadito poco dopo nell’incontro avuto a Palazzo Chigi con il premier Enrico Letta. Il nuovo Pd parlerà con tutti gli attori in gioco per arrivare ad una riforma che preservi alcuni punti chiave: il bipolarismo, la governabilità, la certezza della vittoria.
Renzi ha sempre parlato di un sistema che si avvicini il più possibile a quello in vigore per l’elezione dei sindaci per i Comuni sopra i 15mila abitanti. Un doppio turno di collegio è sicuramente la soluzione più gradita non solo dai renziani ma dalla stragrande maggioranza del Partito Democratico. Tutti i gruppi parlamentari sembrano essere disponibili al confronto, la sensazione è che non si cercherà più un’intesa limitatamente alla maggioranza che sostiene il governo ma che verranno intraprese strade diverse.
Il primo risultato di questa nuova strategia è l’incardinamento della discussione sulla legge elettorale in commissione Affari Costituzionali alla Camera, un passo necessario per spostare il dibattito in corso da Palazzo Madama a Montecitorio. Un atto che apre formalmente un "conflitto di competenza" con il Senato, dove la discussione sulla riforma è già in corso ma è arenata ormai da mesi. Tutti i gruppi parlamentari chiedono ora che l’esame della riforma passi stabilmente alla Camera, ora saranno i presidenti Grasso e Boldrini a sbrogliare la matassa e decidere la calendarizzazione del dibattito. "
Il nuovo corso del Partito democratico – spiega il capogruppo in commissione Emanuele Fiano – spingerà per portare l’esame a Montecitorio, anche perché la sentenza della Corte costituzionale (che ha bocciato il porcellum, ndr) pone un obbligo ancora più forte al Parlamento. I mesi trascorsi al Senato senza che venisse votato un testo pongono l’obbligo di portare la riforma qui. E’ vero – aggiunge Fiano – che finora non abbiamo portato a casa nulla ma ritengo che stasera Matteo Renzi ai gruppi del Pd darà una risposta chiara sulla riforma". Il trasferimento alla Camera della discussione sulla riforma, d’altronde, è stata da sempre una delle richieste fatte dal sindaco di Firenze. Lì il Partito democratico ha numeri decisamente maggioritari e un potere ‘contrattuale’ molto più forte.
Nel frattempo, però, la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro, non propriamente una fedelissima del segretario, invita a non correre troppo: "Ci sarà una intesa tra la Camera e il Senato, chi ha detto che qui non si fa più?". Chi non si metterà sicuramente di traverso e non intralcerà il percorso della riforma è il presidente del Consiglio Enrico Letta, rinfrancato dal colloquio avuto ieri con Renzi. Alla vigilia della fiducia che verrà votata domani in Parlamento, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini, dà una sorta di via libera al sindaco di Firenze: "Fino ad oggi abbiamo cercato un accordo senza riuscirci. Era un impegno non derogabile, mentre ora è assolutamente necessario e obbligatorio". La riforma elettorale è dunque uno degli impegni imprescindibili del Pd di Renzi, una battaglia su cui il nuovo segretario ha deciso di mettere la faccia e che conta di portare casa nei primi mesi del 2014. Ciò che succederà dopo, al momento, è ancora un’incognita.
Discussione su questo articolo