O l’Europa si assume un impegno piu’ forte sul fronte della ristrutturazione del debito della Grecia, o il Fondo monetario internazionale e’ pronto a chiamarsi fuori dalla ‘troika’ e da un accordo "fragile" che non rimuove affatto i rischi di una Grexit. Assomiglia molto a un monito quello contenuto nel memo di tre pagine inviato dagli uomini di Christine Lagarde alle autorita’ della Ue.
Il messaggio e’ chiaro: senza le giuste garanzie il Fondo non e’ piu’ disponibile ad accollarsi, come ha fatto gia’ due volte, gli oneri di un’intesa difficilmente realizzabile. Raramente i toni del Fmi sono stati cosi’ netti nei confronti dell’Eurozona, il cui approccio alla crisi di Atene e’ considerato "insufficiente, debole". Tanto da far prendere in considerazione all’istituzione di Washington anche l’ipotesi di una sua clamorosa non partecipazione al nuovo piano di salvataggio. La richiesta asfissiante del Fondo e’ sempre la stessa: serve una ristrutturazione del debito greco piu’ estesa, altrimenti non se ne esce, e il programma messo a punto nell’Eurosummit di Bruxelles non funzionera’.
Questo perche’ ci sono fortissimi dubbi sulla reale capacita’ di Atene di raggiungere gli obiettivi fissati in quel piano. Dati alla mano – spiega il Fmi – il debito greco, gia’ alle stelle, e’ destinato a volare ancora piu’ in alto, arrivando a sfiorare il 200% nel giro di due anni. E che dire degli obiettivi fissati sul fronte dell’avanzo primario, che per il Fondo sono di fatto "irraggiungibili". Ecco perche’ per la Grecia serve un piano molto piu’ ambizioso, con "misure che vadano ben oltre quello che finora l’Europa si e’ detta disponibile a considerare". Un programma di aiuti molto piu’ ampio che davvero riporti il debito pubblico a livelli piu’ sostenibili e che permettano ad Atene di tornare a finanziarsi sui mercati.
Questo vuol dire – suggerisce ancora il Fmi – "una proroga eccezionale" sul fronte del rimborso del debito greco, tagliando i tassi di interesse sulla somma da ripagare o allungando il cosiddetto "periodo di grazia" di altri 30 anni: quest’ultima decisione per Atene significherebbe non pagare gli interessi fino al 2053. In alternativa, i creditori dell’eurozona dovrebbero garantire trasferimenti annuali molto piu’ sostanziosi sul bilancio della Grecia o, ancora, prevedere un profondo taglio del debito, abbonandone una parte. Intanto sempre il Fondo avverte: l’incertezza sul nuovo salvataggio della Grecia pesa anche sulla ripresa della virtuosa Germania. Per l’Eurozona un campanello d’allarme da non sottovalutare.
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