Sorrentino si cala nel mondo hollywoodiano (ed americano), evidenziandone la dimensione di sogno, ma con una sensibilità tutta sua e rimanendo fedele alla sua poetica, come per confondere le tracce che riportano ai suoi esordi di sceneggiatore, sempre più deciso a cavalcare un cinema sprovvisto di parole, sempre più debitore del suo lato “visivo”. I suoi personaggi – cantanti e calciatori in caduta libera, ragionieri in esilio, dropout mascherati da usurai o da cowboy, politici burattini e adesso rockstar sopravvissute al proprio mito – si impongono tutti per una forma che rifiuta a priori l’essenzialità, la necessità. Da questo punto di vista la prima parte di "This must be the place" è una specie di perfetta introduzione metodologica.
La mancanza di coordinate sul passato di Cheyenne (affidato a uno Sean Penn forse un po’ compiaciuto della propria capacità di metamorfosi), la sua lentezza esistenziale e fisica, la sua rassegnazione non servono per costruire una qualche suspense sul suo passato. Ma, poi, via via che il film si sviluppa, è chiaro che Sorrentino, mescolando con sapienza vari ingredienti, riesce ad orchestrare tutto alla perfezione, creando un altro capolavoro, anche nell’universo a stelle e strisce.
"This must be the place" è una pellicola drammatica e tenera, ironica e capace di creare un ritratto della società di oggi e dei personaggi che la abitano, senza scivolare mai nelle banalità, anche grazie all’ausilio di attori perfetti nei loro ruoli. Diversi piani si intersecano, mischiando presente e passato, mettendo in campo la vacuità del mondo della musica pop e la tragedia dell’Olocausto, trasformando Cheyenne da uomo annoiato ad investigatore, comunque lento e pigro, sulle orme di un padre da poco scomparso. I riferimenti formali a David Lynch sono chiari, ma mai né barocchi né retorici; inoltre la bellissima fotografia di Luca Bigazzi aiuta a definire le atmosfere, in cui il punto di forza sono comunque i dialoghi curatissimi.
Sorrentino slabbra la trama gialla e la logica investigativa per privilegiare la scoperta di un’America provinciale e inusuale, dove anche i comportamenti delle persone finiscono per ricordare la scomparsa di ogni senso, dimostrando di essere un regista con le idee chiare che, pur rendendosi conto di trovarsi a stretto contatto con dei veri miti, non si lascia intimorire. Il film sarà nelle sale il 14 ottobre ed è di quelli da non perdere, assolutamente.
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