Sono stati in molti, anche all’estero, gli italiani che hanno guardato, e forse guardano ancora, con curiosità alla nouvelle vague della Lega di Salvini. Secondo alcuni sarebbe il nuovo leader della destra italiana e la manifestazione romana in Piazza del Popolo lo avrebbe consacrato come tale. Mi limiterò ad alcune osservazioni.
La destra è figlia del pensiero e della cultura nazionale, i suoi postulati risiedono nell’unità e nella solidarietà nazionale, nella lingua che ci unisce, nel senso dello stato. Salvini parla di Italie, come fossimo di paesi diversi, la Padania, Roma (ladrona?) la Terronia (?), eleva a lingue i dialetti, cita Bossi e Miglio (i teorici della secessione) come padri della nuova patria. Come me, molti ricordano Piazza del Popolo come “la piazza della destra”: gremita di tricolori e rapita dal fascino dell’oratoria magica di uomini come Almirante.
Con Salvini ho sentito molte urla, turpiloquio e parolacce a decine come se per sentirsi più forti ci fosse la necessità di essere volgari. Io ricordo la destra pulita, non volgare. Che parla di Italia e all’Italia, una e una sola. Abbiamo visto più volte sventolare dietro il palco la bandiera russa (omaggio a Putin di cui è ammiratore….) ma mai un tricolore, piuttosto ancora le bandiere bianco verdi con il “sole della Padania”. Come riconoscere il senso dello stato, caro alla destra, a chi prima lo voleva disgregare con la Padania e tuttora non si riconosce, di fatto, nel tricolore italiano?
La questione immigrazione in Italia è sempre più difficile da gestire: l’accoglienza rischia di confondersi con l’invasione, l’Islam aggressivo è una dura realtà, la miseria e la disperazione producono violenza, delinquenza e insicurezza. Ma si può gestire un fenomeno cosí complesso con quattro insulti, slogan da osteria e “calci in c..o e tutti a casa?”. Ci ricordiamo di essere stati un popolo di emigranti? Anzi, stiamo in parte tornando ad esserlo, se qualcuno non se ne fosse accorto.
E se queste categorie di pensiero le applicassimo ai nostri italiani, ieri senza scarpe, oggi senza euro? L’euro ci ha impoveriti, è vero, perché abbiamo gestito male la fase di passaggio dalla lira, abbiamo continuato a sperperare in spesa pubblica, abbiamo abbassato la competitività italiana e ci siamo fatti imporre regole senza senso dai tedeschi e dalla Banca Centrale Europea. Ma è forse una prospettiva l’uscita dall’euro? Nemmeno Alexis Tsipras, premier in Grecia, la sostiene più, dopo averci fatto la sua campagna elettorale due mesi fa.
La destra storicamente guardava all’Europa delle Patrie. Lo spirito anti europeo della Lega non è conciliabile con quella tradizione e non nasce certamente da patriottismo e rivendicazione di maggior sovranità nazionale. Una notazione personale infine. È possibile riconoscere come leader di una nuova destra italiana chi è cresciuto all’ombra del Leoncavallo e dei centri sociali milanesi?
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