Nel Sistema c’erano le imprese di ogni colore, comprese le cooperative rosse. E infatti il Sistema aveva "a libro paga" i politici di destra e sinistra, finanziava le campagna elettorali di entrambi, consegnava mazzette di decine di migliaia di euro in contanti agli uni e agli altri negli alberghi di Venezia e Mestre.
Nelle carte dell’inchiesta che ha sconvolto Venezia c’e’ molto di piu’ dei motivi che hanno portato all’arresto di 35 tra imprenditori, funzionari e politici: c’e’ la ricostruzione di un modello di gestione degli appalti pubblici che, stando a quanto sostiene l’accusa, va avanti indisturbato da almeno un decennio. Un modello piramidale al cui vertice sedeva Giovanni Mazzacurati, il presidente del potentissimo Consorzio Venezia Nuova – che in laguna e’ per tutti ‘Il Consorzio’ -, il "gran burattinaio" che teneva i contatti con Roma. Colui che, stando al racconto dell’imprenditore Piergiorgio Baita, incontra anche Gianni Letta e l’allora ministro Giulio Tremonti.
Un gradino sotto di lui si muovevano gli altri, tutti membri del consiglio direttivo del Cvn: Alessandro Mazzi, vicepresidente del Consorzio e presidente del Cda di Mazzi Scarl e della Grandi Lavori Fincosit; Baita, presidente della Mantovani; Stefano Tomarelli, consigliere di Condotte spa e presidente del consiglio direttivo di Italvenezia; Franco Morbiolo e Pio Savioli, gli uomini delle cooperative, il primo presidente del Cda del Consorzio veneto cooperativo (Co.ve.co), il secondo titolare di un contratto di collaborazione con il Co.ve.co. Tutti insieme detenevano l’83% delle quote del Consorzio. E tutti insieme pagavano. Insieme, scrive il gip, "hanno costituito un fondo comune di denaro contante, denominato ‘Fondo Neri’, versato pro quota delle imprese". Soldi che poi rientravano attraverso "contratti per prestazioni tecniche fittizie e/o istante di anticipazioni sulle riserve sovradimensionate". Con quei soldi sono state pagate le tangenti, dice la procura, a Galan e Chisso, al generale Spaziante e ai magistrati delle acque Cuccioletta e Piva, a Orsoni e Marchese, al magistrato della Corte dei Conti Giuseppone.
Da quei fondi e’ uscita la mazzetta di 200 mila euro che Baita consegna a Galan attraverso Claudia Minutillo, che porta i soldi all’hotel Santa Chiara, e i 250mila che Chisso avrebbe ricevuto al Laguna Palace di Mestre. E sempre da li’ e’ arrivato il denaro per finanziare la campagna elettorale di Orsoni e di Sartori, in pieno spirito bipartisan. Ma il Consorzio non figurava mai, poiche’ gli organi sociali non hanno mai deliberato il finanziamento. Ecco perche’ i fondi venivano assegnati ad altre societa’ che "formalmente effettuavano il finanziamento per la campagna elettorale, senza che comparisse il Cvn quale reale finanziatore della medesima".
Il sistema lo spiega bene il direttore finanziario della Mantovani, Nicolo’ Buson: "le somme che venivano corrisposte ai politici locali erano il frutto di sovrafatturazioni provenienti dalle societa’…di rientri di false fatturazioni…e infine di guadagni, depositati sui conti svizzeri". Tutti erano d’accordo e tutti conoscevano il meccanismo. Imprenditori e politici. "Dall’esame dei singoli fatti – scrive il giudice Scaramuzza – non sempre e’ stato possibile individuare il singolo atto specifico contrario ai doveri d’ufficio…perche’ vi era un rapporto cosi’ stretto tra pubblici ufficiali corrotti e corruttori che non vi era in molti casi il pagamento specifico per un atto specifico, ma un pagamento generalizzato…di funzionari e politici risultati a libro paga". Ed e’ proprio una delle figuri apicali del Sistema, Piergiorgio Baita, che fornisce il quadro piu’ lucido di come stavano le cose in Laguna.
Al pm che gli chiede quale fosse l’obiettivo di "pagare tutti i partiti, questo atteggiamento ecumenico a destra e sinistra", lui risponde cosi’: "avere i soldi a monte e un ambiente favorevole a livello locale, dove avviene la spesa". E poi aggiunge: "questo cambia al momento in cui il Mose entra in legge obiettivo, la legge speciale non serve piu’, quindi il Consorzio deve cambiare strategia e diventa fondamentale il Cipe. Il Cipe va benissimo fino a che non arriva Tremonti. Si interrompe il flusso dei finanziamenti. Qua e’ il guaio maggiore per il Consorzio, perche’ se il consorzio sta fermo con quella struttura che ha, i soldi che ha dato se li fa restituire tutti, perche’ consuma…e’ una macchina che consuma in sacco di soldi all’anno, per alimentare il consorzio, spese proprie, ci vogliono 72 milioni di euro all’anno, quindi se sta fermo un giro il Cipe per i consorziati e’ un guaio non da poco".
"Il Cipe si ferma – prosegue – Questa volta non riesce neanche il pellegrinaggio da Gianni Letta di Mazzacurati, anzi il dottor Letta dice ‘io non riesco a fare niente, anzi ci siamo scontrati in Cdm con il ministro Tremonti, che e’ stato anche particolarmente sgradevole, accusandomi di qualche interesse personale sul Consorzio e dice a Mazzacurati ‘dovete trovare una strada per contattare Tremonti’. Mazzacurati trova la strada. Trova la strada attraverso una societa’ di Vicenza che si chiama Palladio Finanziaria, il suo direttore Roberto Meneguzzo, che fissa un appuntamento tra Tremonti e Mazzacurati. Mazzacurati va a Milano da Tremonti".
La vicenda si conclude, scrive il Gip, con "Mazzacurati che comunica ai soci del Consorzio del fatto che il costo dello sblocco del Cipe e’ di 500mila euro da consegnare a Milanese".
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