Scalpita il Pdl che teme un prolungamento dei tempi fatto apposta per precludere ad un candidato moderato di area centrodestra la salita al Colle e favorire l’ascesa di aperti nemici come, ad esempio, Romano Prodi; e scalpita il Pd, con Bersani che non vuole farsi da parte e Renzi che si ripresenta sulla scena, con un intervento che più diretto non si può, alle celebrazioni per i 120 anni della Camera del Lavoro di Firenze, in cui lamenta uno stallo “mentre il mondo ci chiede di correre a velocità doppia”. E scalpitano i molti creditori dello Stato, con Squinzi, leader di Confidustria, che incalza dicendo: ”Le imprese stanno soffrendo disperatamente per mancanza di credito e serve perciò un segnale forte per poter pensare ad una ripartenza dell’economia reale del Paese”, mentre emerge, al termine della riunione della Conferenza dei capigruppo, che la Camera deciderà martedì prossimo se ampliare i poteri della commissione speciale affinché possa esaminare il decreto legge che il governo si appresta a varare per sbloccare i pagamenti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese.
Scalpitano poi gli italiani, che temono una addizionale dell’Irpef, smentita dal viceministro Martone, ma temuta da chi ha provato sulla propria pelle tutti gli aumenti possibili ed è a conoscenza del fatto che regioni, comuni e province puntano sui contribuenti, per far quadrare i conti dei bilanci, con un aumento, in un anno di 9,2 miliardi, arrivando a un totale di 182,9 mld (+5%), dopo un trend positivo partito nel 2008 e proseguito l’anno successivo.
Scalpitano i nuovi deputati che alla Camera scaldano solo i banchi, desiderosi di diventare attivi, il prossimo 18 aprile, alla prima riunione per la elezione del nuovo Presidente dello Stato. La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha infatti comunicato che provvederà lunedì 15 alla convocazione del Parlamento in seduta comune e si auspica che gli adempimenti relativi alla designazione da parte delle Regioni dei propri delegati si svolgano con la massima tempestività.
Intanto si avvia, scapitando, la cura dimagrante della Camera, con le decisioni prese ieri mattina dall’ufficio di presidenza che prevedono il taglio del 30% delle indennità di carica (che spettano a circa 70 deputati tra componenti degli uffici di presidenza e presidenti di commissioni, giunte e comitati), per un risparmio di 1 milione di euro e la riduzione del 25% delle spese per il personale delle segreterie dei titolari di incarico, per un totale di 4,3 milioni di euro, oltre che l’abolizione dei fondi di rappresentanza individuali per un totale di 250 mila euro. A questo taglio di circa 5,5 milioni di euro annui, se ne aggiungono altri 3, ricavati dalla sforbiciata che già giovedì la nuova riunione dell’ufficio di presidenza, convocata alle 11, darà allo stanziamento annuale previsto come contributo unico per i gruppi parlamentari, che sarà ridotto da 35,1 a 32 milioni di euro. Ma scalpita anche chi, come il Movimento 5 Stelle, avrebbe voluto misure diverse con l’annullamento totale delle indennità di carica lasciando invariate le spese del personale di segreteria
Scalpita, infine, L’Espresso, che fa le pulci ai “purissimi” grillini i quali, a detta del quotidiano, nella loro proposta presentata il 29 marzo all’Ufficio di presidenza della Camera dei deputati e firmata dal vicepresidente Luigi Di Maio e dai segretari di presidenza Claudia Mannino e Riccardo Fraccaro, acconciano le cose in modo che ogni deputato finirebbe per costare agli italiani addirittura di più della proposta precedente, per la precisione 13.559,24 euro, contro i precedenti 12.788. Scrivono quelli del Movimento 5 Stelle: “E’ auspicabile accorpare tutte le voci estranee all’indennità (diaria di soggiorno mensile, rimborso spese per l’esercizio del mandato, rimborso spese accessorie di viaggio, rimborso forfettario spese telefoniche). Qualsiasi spesa dovrà essere giustificata (cosa che andremo puntualmente a verificare mese per mese, ndr) a titolo di rimborso alla Camera dei deputati e pubblicata online sul sito ufficiale per ogni deputato”. Morale: “l’erogazione deve avvenire per spese attestate e non superare il tetto massimo di euro 8.559,24 al mese”. Che sommati ai 5.000 euro lordi dell’indennità parlamentare riformata, fanno appunto 13.559,24.
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