Il governo giapponese e’ pronto a scendere in campo con un ruolo piu’ diretto nella gestione della crisi dell’enorme accumulo di acqua contaminata alla disastrata centrale di Fukushima, attraverso misure di emergenza. Domani, ha assicurato il premier Shinzo Abe, saranno definiti ”i passi in avanti e attuate tutte le politiche necessarie”, in funzione anche delle rassicurazioni sul fronte internazionale vista l’assemblea del Cio che sabato, a Buenos Aires, decidera’ a chi assegnare le olimpiadi estive del 2020 tra le tre citta’ della short list: Madrid, Istanbul e Tokyo. Il piano, che fissa l’ausilio di risorse pubbliche, sara’ esaminato in una riunione di gabinetto. ”Presenteremo – ha anticipato oggi il portavoce, Yoshihide Suga – un pacchetto di contromisure globali”.
Intanto, la Nuclear Regulation Authority (Nra), l’Agenzia nipponica sulla sicurezza nucleare, si prepara a prendere in esame l’ipotesi di scaricare in mare una buona parte dell’acqua contenuta nei circa mille serbatoi, a patto che le radiazioni risultino inferiori ”ai limiti legali”. Incontrando la stampa estera, Shunichi Tanaka, presidente della Nra, ha ammesso che l’operazione, anche con le verifiche sulla decontaminazione, ”e’ destinata a incontrare resistenze. Dobbiamo lavorare su questo”. Un gruppo di lavoro e’ stato istituito per studiare passi concreti da prendere e ”inizieremo il regolare monitoraggio degli effetti dell’acqua contaminata nell’ambiente”, ha aggiunto Tanaka, promettendo informazioni corrette e precise. Il riferimento e’ alle stimate 300 tonnellate di liquidi ad alta contaminazione fuoriuscite da un serbatoio, come accertato dal gestore Tepco il 19 agosto, e finite almeno in parte nell’oceano, tanto da spingere la Nra a portare la gravita’ dell’incidente al livello 3 della scala di valutazione Ines. Nessuna evidenza, invece, sulle nuove perdite, quanto ai dati sulla contaminazione record emersi nel fine settimana.
Tanaka, invitando a pesare le cose ”con le giuste proporzioni”, ha detto che i valori di 1.800 millisievert/ora, annunciati dalla Tepco in uno degli ‘hotspots’, sono di ”emissioni di raggi beta”, dannosi solo al contatto diretto e senza protezioni. Insomma, alla fine l’utility e’ tornato nel mirino ancora per carenze nella comunicazione: in una nota diffusa nel pomeriggio ha tentato di spiegare i termini del caso scusandosi per allarme e inconvenienze create, ma solo dopo che i media di mezzo mondo hanno riportato che, a quelle radiazioni, l’esposizione di quattro ore continuative puo’ essere letale. Un miglioramento della comunicazione che anche la Aiea, l’agenzia atomica dell’Onu, ha raccomandato in uno dei pareri alla Nra proprio sulla fuoriuscita da 300 tonnellate.
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