Tenace fino alla fine e fino alla fine innamorata del teatro che aveva frequentato fin da bambina nella sua Trieste, con debutto a Roma, nel 1942. Anna Proclemer, una delle più grandi attrici della passata generazione, è morta nella sua casa di Roma nella notte fra il 24 ed il 25, ad un passo dai 90 anni che avrebbe compiuto il 30 maggio.
Dopo il debutto in “Nostra Dea” di Massimo Bontempelli con il Teatro dell’Università di Roma, recitò, durante la guerra, con il Teatro delle Arti di Anton Giulio Bragaglia ed in seguito con la compagnia dell’Idi, la compagnia Pagnani-Cervi e quella di Ricci, lavorando con Vittorio Gassman e Luigi Squarzina al Teatro d’Arte e, ancora, al Piccolo Teatro di Milano, diretta da Giorgio Strehler. Nel 1946 sposò lo scrittore Vitaliano Brancati, dal quale avrà la figlia Antonia, che oggi ha dato notizia della sua scomparsa.
Il marito scrisse per lei “La governante” ed il loro fu un grande amore, finito con una separazione, nel 1954, poco prima della morte di lui. Due anni dopo, con Giorgio Albertazzi darà vita a un lungo sodalizio artistico e sentimentale e, al suo fianco, sarà in televisione nello “L’idiota”, cui faranno seguito molte altre, riduzioni di spettacoli teatrali. Nel suo repertorio, testi di Pirandello, George Bernard Shaw, Lillian Hellman e D’Annunzio. Al cinema è protagonista in 15 film, ma ne interpreta diversi altri da comprimaria, diretta, tra gli altri, da Roberto Rossellini, Umberto Lenzi, Giovanni Grimaldi, Francesco Rosi, Maurizio Lucidi.
Negli ultimi anni era stata voluta da Ferzan Ozpetek per Magnifica presenza (uscito l’anno scorso) e da Vincenzo Salemme in No problem, del 2008. Sul grande schermo è stata anche la voce di Yvonne Sanson, scelta da Alberto Lattuada, in Il delitto di Giovanni Episcopo, di Anne Bancroft in Anna dei miracoli, interpretandone successivamente il ruolo in una famosa riduzione televisiva del 1968, di Greta Garbo nei ridoppiaggi degli anni ’50 di Grand Hotel (1932) e Anna Karenina (1935). Nel 2011 le era stato assegnato il premio Alabarda d’oro alla carriera per il teatro.
Ricorda Albertazzi che gli aveva chiesta di essere aiutata a morire, perché la sua anima, di recente, era stanca di vivere. Pensando a lei mi torna alla mente la definizione che Sciascia fece di Brancati, morto per una svista del grande Dogliotti che volle operare ciò che non si doveva. Scrive dunque Sciascia: “Brancati è lo scrittore italiano che meglio ha rappresentato le due commedie italiane, del fascismo e dell’erotismo in rapporto tra loro e come a specchio di un paese in cui il rispetto della vita privata e delle idee di ciascuno e di tutti, il senso della libertà individuale, sono assolutamente ignoti”. In fondo c’è questo filo rosso sottile anche nella vita e nella scelta artistica della Proclemer che, a teatro e al cinema, ha dato vita a personaggi con un etica sconvolgente e ci inchioda a mille interrogativi sul senso spesso superficiale e frustrante delle nostre esistenze. (CDS)
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