"Un’apertura verso la cultura moderna e laica di questa ampiezza, una visione così profonda tra la coscienza e la sua autonomia, non si era mai sentita finora dalla cattedra di San Pietro. Neppure papa Giovanni era arrivato a tanto e neppure le conclusioni del Vaticano II, che avevano auspicato l’inizio del percorso ai pontefici che sarebbero venuti dopo e ai Sinodi che avrebbero convocato. Papa Francesco quel passo l’ha fatto ed io lo sento profondamente echeggiare nella mia coscienza". Così Eugenio Scalfari nel suo editoriale su Repubblica di commento alla lettera di Papa Francesco inviata al quotidiano, riferendosi in particolare al passaggio nel quale il pontefice scrive: "Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare ed obbedire ad essa significa infatti decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene e male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire".
Scalfari evidenzia anche il passaggio della lettera del Papa nel quale afferma che senza la Chiesa non avrebbe potuto incontrare Gesù "pur nella consapevolezza che quell’immenso dono della fede è custodito nei vasi d’argilla della nostra umanità": "Chi come me non solo non ha la fede ma neppure la cerca; chi come me sente il fascino della predicazione di Gesù e lo ritiene uomo e figlio dell’uomo, non può che ammirare un successore di Pietro che rivendica la Chiesa come luogo eletto affinché il sentimento di umanità custodito in vasi d’argilla non venga distrutto dai vasi di piombo che fuori e dentro la Chiesa spezzano i vasi d’argilla. Il Papa mi fa l’onore di voler fare un tratto di percorso insieme. Ne sarei felice. Anch’io vorrei che la luce riuscisse a penetrare e a dissolvere le tenebre anche se so che quelle che chiamiamo tenebre sono soltanto l’origine animale della nostra specie".
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