"Io non faccio parte del romanzo criminale, ne verrò fuori". Lo assicura, in un’intervista a Repubblica, Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma e indagato nell’inchiesta ‘Roma Capitale’. Di Carminati dice: "Non l’ho mai conosciuto, anzi pensavo fosse morto oppure in pensione". E punta il dito contro la sua squadra al Campidoglio: "Nessuno ha mai provato ad avvertirmi: guarda che intorno a te stanno succedendo cose brutte. Neppure quando, in preda ai dubbi, andai da questore, prefetto e persino dal procuratore". Riguardo ai presunti conti segreti all’estero Alemanno assicura: "Mai in vita mia. E anche la storia dell’Argentina, si capiva subito che era una colossale balla: io che vado fin laggiù con mio figlio e le valigie piene di mazzette… Assurdo".
L’ex primo cittadino di Roma si sente colpevole solo "di aver sottovalutato l’importanza della squadra in un compito di governo così gravoso qual è fare il sindaco a Roma. Appena arrivato, mi sono subito buttato sulle emergenze, trascurando le nomine: ho sempre scelto le persone in corsa. Ho cambiato 4 capi di gabinetto e fatto vari rimpasti di giunta". E ammette: "Ho sbagliato i collaboratori. Ma è capitato pure a Veltroni con Odevaine, che era il suo vice-capo di gabinetto".
Franco Panzironi, ex presidente di Ama, ora agli arresti domiciliari, è il collaboratore che più di tutti ha deluso Alemanno: "È quello che mi ha più sbalordito: viene dalla Dc, ha un percorso da moderato. E poi eravamo amici. Mi fidavo. Pensarlo implicato con Buzzi e Carminati mi fa impressione". Su Antonio Mancini, ex banda della Magliana, e suo amico di gioventù, Alemanno commenta: "Faceva parte di quelle persone che, provenienti da diversi ambiti della destra, alla fine degli anni ’90 avevano poi deciso di entrare in An e seguire quel percorso di legalità. Non potevo immaginare che il suo passato potesse condizionare il suo presente". Con Luca Gramazio, ex capogruppo comunale del Pdl, invece, "ho sempre avuto un rapporto di grande stima – sostiene l’ex sindaco -. Luca era ed è molto trasversale, cercava sempre l’accordo con il Pd, che era all’opposizione", accordo che riusciva sempre a trovare "sulle delibere importanti".
Sui rapporti con Salvatore Buzzi, accusato di essere il ‘braccio imprenditoriale’ di Mafia Capitale, Alemanno assicura: "Mai parlato di affari, solo dei problemi che avevano tutte le cooperative sociali di tipo B come la sua. Buzzi, peraltro, come me ha incontrato pure Marino, era una persona recuperata alla legalità, il riferimento della Lega delle cooperative a Roma, molto accreditato nelle istituzioni: la sua storia comincia con Rutelli, prosegue con Veltroni e continua anche dopo". In particolare, in merito ai 75mila euro incassati da Buzzi per contributi elettorali, aggiunge: "È tutto tracciato. Ed è un’altra dimostrazione che non ho alcun vincolo associativo: i soldi sono dichiarati e rendicontati. Le pare che mi sarei comportato così se fossi un boss della mafia? E poi la cifra in sé può sembrare grossa, ma è stata diluita in 3-4 cene, che Buzzi ha pagato anche a Marino e a Renzi. Quando noi dovevano raccogliere fondi chiamavano tutti: dagli industriali alla Lega delle Cooperative. Non si può cancellare il finanziamento pubblico ai partiti e poi stupirsi che gli imprenditori danno un contributo". "Questa storia di Buzzi – spiega l’ex sindaco – riguarda appalti per decine di milioni in un bilancio del Campidoglio che è di 3,5 miliardi. Una goccia nel mare. Le opere pubbliche, l’urbanistica, i lavori pubblici non sono stati toccati da questa inchiesta". Sul fallimento della destra, Alemanno conclude: "Abbiamo fatto tante cose, ma non eravamo preparati a governare Roma".
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