Non sembra cessare l’acquisizione di aziende italiane di rilievo anche storico da parte di società estere, talvolta a maggioranza statale di paesi stranieri. Marchi creati dai nostri padri o dai nostri nonni perdono la loro personalità, la loro identità, perché anche se questo è negato dai venditori e dai compratori, quando una grande azienda cambia proprietà, mutano anche le sue principali caratteristiche; possono mutare la gestione e lo stile.
Ultima assorbita dalla Cina è la gloriosa Pirelli, chissà che direbbe il sig. Leopoldo Pirelli.
Negli ultimi 4 anni quasi 500 marchi nostrani sono finiti in mano straniera, un’emorragia senza fine, per molti versi dolorosa. Un esodo senza senso morale ma solo pseudoeconomico. I venditori si mettono al riparo, ma il paese soffrirà profondamente di questa esiziale epidemia.
L’Italia non ha una politica industriale e la classe politica è disarmata o incapace di fronte ad un espatrio che sta spolpando il prestigio italiano del 900, secolo che vide sorgere colossi autorevoli e famosi nel mondo. Per citarne solo alcuni: Poltrona Frau acquistata negli USA, Krizia in mani cinesi, Telecom agli spagnoli, Parmalat ai francesi, Pernigotti ai turchi, Loro Piana ai francesi, così come Bulgari, Fendi e Gucci, Valentino. Algida agli anglo-olandesi di Unilever, come la Bertolli poi ceduta agli spagnoli.
Sempre ai francesi, ottimi investitori, sono finite anche la Galbani, la Locatelli, l’Invernizzi. La Nestlè è proprietaria di Buitoni, San Pellegrino, Perugina, Motta, Antica Gelateria del Corso, La Valle degli Orti. I sudafricani hanno acquisito la birra Peroni.
Altri marchi ceduti: Acqua di Parma, Bottega Veneta, olio Sasso, Sergio Rossi. Perfino un’azienda viticola del Chianti è finita in mani cinesi. La società Gancia, casa storica di spumante, è divenuta di proprietà dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vodka Russki Standard, mentre il 49% di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristalalco Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group.
L’elenco è interminabile; all’estero anche i marchi Rex, Zoppas, Zanussi, Molteni, Alitalia, Fiorucci salumi, Riso Scotti, Safilo, Lamborghini, Ducati, Eridania. Il tragico elenco è qui sicuramente incompleto.
L’intraprendenza italiana del XX secolo, i sacrifici enormi di inizio secolo scorso, l’inventiva imprenditoriale dopo la guerra, la struttura intera di un paese che era tra i primi al mondo in tutti i settori… vediamo evaporare il nostro prestigio. Quando una nazione non si tutela in nessun modo dai “conquistatori”, mette a rischio anche milioni di posti di lavoro e miliardi di euro che saranno liberi di spostarsi da una scatola societaria ad un’altra in vari continenti.
Considero pessimo il menefreghismo del nostro Stato e di tutti i governi, i quali assistono scrollando le spalle, addirittura elogiando molte di queste operazioni. Pur rispettando il libero mercato, chi scrive dà più rilievo ai valori morali che agli interessi di facoltosi ereditieri.
Pietro Barilla, dopo aver ceduto agli americani a fine anni settanta, non dormiva più e fece i miracoli per riappropriarsi dell’azienda di famiglia. Ora spero che almeno loro, Guido, Luca e Paolo Barilla non seguano le impronte di tutti gli industriali su riportati. La storia del nostro Paese era gloriosa anche per centinaia di marchi storici e oggi il declino, il degrado di tutta la nostra società globalizzata lo si vede, lo si palpa, lo si respira ogni giorno quando si sfoglia un giornale.
Discussione su questo articolo