Litiga la politica. Sindrome da elezioni, la solita musica. Straparlano i politici, fanno baruffa dialettica su tutto. Pdl e Lega non trovano l’accordo. Bersani aspetta di scoprire come e dove si schiererà Monti. Ne inventa una al giorno Casini. Il presidente della Repubblica invoca controlli seri sulle liste elettorali, ma innanzitutto chiede alla politica di essere credibile agli occhi del popolo italiano. Impresa improba, praticamente impossibile: la politica è il vero cancro del Paese, una metastasi mortale.
Esagerazioni, favole? Assolutamente no: la sacrosanta verità dimostra e conferma che l’Italia è alla disperazione, alla canna del gas, e nessuno si preoccupa di staccare il bocchettone. I politici straparlano; il Governo, prima di salutare, si limita ad imporre nuovi balzelli, aumenti a raffica. Tariffe, prezzi, tasse, qui tutto cresce. Gli italiani sono all’asfissia, vittime di autentici strangolamenti. Balle? Date un’occhiata, uno sguardo alla lista degli aumenti e converrete che la situazione è critica, a fronte dell’immobilismo che si prospetta di norma fino alle elezioni. Non si penserà ad altro, non si guarderà alla tragedia del commercio, tanto per dirne una. In questo caso, siamo al tonfo. Un botto squassante: i conti di fine d’anno parlano del fatturato in calo dal sei al sette per cento. Il 6,7 in molte regioni d’Italia. Il commercio è da sempre una spia lucida e precisa dello stato economico di un Paese. La spia italiana denuncia questo: regge appena la grande distribuzione organizzata; il resto manifesta preoccupanti cupezze. Le cifre sono impietose, a dispetto delle azioni poste in essere e realizzate dalle Camere di Commercio. Nei conti del comparto sono compresi anche i dati relativi al periodo natalizio, che dovrebbe rappresentare il picco per le attività commerciali. I dati del secondo semestre 2012 sono infatti assimilabili con quello dei primi sei mesi dell’anno. La piccola distribuzione denuncia un pesante meno 8,1% in alcune regioni d’Italia. La media distribuzione segnala un calo del 6.9, a fronte del meno 3,8% riconosciuto alla grande distribuzione. La media totale si attesta quindi al -6.9%, come detto. Ma si notano, qua e là, picchi che rappresentano una sorta di tragedia in atto, in parte largamente già rappresentata. A Livorno la piccola distribuzione è andata giù del 9.7%. Siamo dunque ai confini del fallimento, alla periferia della bancarotta commerciale. Gli italiani spendono sempre meno, costretti a limitarsi anche nell’acquisto di generi di prima necessità. Una scelta obbligata, non un capriccio: una necessità assoluta, nel portafoglio dell’italiano medio non c’è più un euro: ormai sono in tanti quelli che si trovano nell’impossibilità di pagare le bollette di acqua e gas.
Tagli e tasse in aumento: in alcuni comuni lievitano anche le multe: i maggiori introiti come puntelli di precari bilanci. E chi paga? Solo e sempre lui, il cittadino. Ma il governo? Silente di norma, ritrova alti toni di voce quando si tratta di irrorare nuovi salassi economici ai cittadini. Un’assurda spirale. Ne usciremo mai? Dubitare è lecito. I numeri dicono, ma non tutto. Secondo alcuni osservatori, la pesantezza in cui si dibatte il commercio moribondo sarebbe, in alcuni casi, espressa per difetto in molte città e province d’Italia. Qua e là, il calo delle media distribuzione supera il 10%. Nella discesa, da quelle parti, sarebbe impelagata anche la Grande distribuzione organizzata. Prato a mo’ di doloroso esempio: – 7,6. Ma la politica di queste cose non si cura. L’unico suo problema è stabilire le regole delle apparizioni in televisione dei candidati alle elezioni. Il commercio vada pure a rotoli: Dio salvi i grassi appannaggi di parlamentari e politici. Due punti di domanda: le Province non dovevano sparire, non si era parlato di un’ampia riforma? Si è mai più discusso sull’opportunità di ridurre il numero dei parlamentari e i loro compensi? Gli studi elaborati dalle organizzazioni del commercio non fanno né caldo né freddo a chi dovrebbe dettare le regole, imporle, studiare correttivi, tentare di dare a tutti il minimo del benessere. La piccola distribuzione è allo stremo. Vive di angosce e paura anche la media distribuzione, quella che riguarda i punti vendita che occupano fine a diciannove addetti. Il segno è scoraggiante e non alimenta speranze: -8,3%, in Toscana e altrove. Un pianto, dovunque ci si gira. Reggono (dolce eufemismo) gli alimentari, – 6%. Precipitano gli elettrodomestici e i prodotti per la casa, -10%. Il commercio è prossimo a toccare il fondo. Possiamo solo fargli gli auguri, se può servire. Inutile prospettargli una buona fine d’anno, già pessima di suo. Speriamo in un 2013 di prosperità e di buona salute. In tutti i sensi: fisica e commerciale.
Discussione su questo articolo