Le riforme, come dice il capo dello Stato, sono l’unico modo per porre fine alla ”fragilita’ endemica” del governo e vanno approvate rapidamente. Ma l’idea di Matteo Renzi di farlo con chi ci sta, non necessariamente con la coalizione di maggioranza, e’ uno di quegli elementi che alimenta i sospetti sulle sue reali intenzioni. E’ chiaro che la contesa riguarda la nuova legge elettorale. Il timore dei centristi e’ che sul ritorno al Mattarellum si saldi uno schieramento che va dal Pd a Forza Italia e al Movimento 5 Stelle: dietro la scusa di fare presto, dicono gli alfaniani, c’e’ in realta’ il tentativo di assestare un colpo misurato a quel centro che, se dovesse rinascere all’ombra del popolarismo europeo, trasformerebbe lo scenario italiano da tripolare a quadripolare. Con un bell’addio alla filosofia del maggioritario.
Il neosegretario del Pd tuttavia non si fa intimidire dai veti incrociati: spiega che il problema e’ di volonta’ politica, con un’allusione implicita a quei parlamentari che indicano un Parlamento delegittimato (dalla sentenza della Consulta) per insabbiare tutto. Ma la soluzione non e’ comunque a portata di mano: al di la’ delle accelerazioni del Pd, e’ difficile credere che il Nuovo centrodestra possa accettare senza battere ciglio una riforma elettorale destinata a risospingerlo nelle braccia di Forza Italia. E i voti di Alfano sono piu’ che mai necessari al governo Letta. Cio’ spiega perche’ il premier sia deciso a far firmare a tutti i membri della sua maggioranza un patto di coalizione il cui esplicito obiettivo e’ di traghettare il Paese al 2015 con una serie di impegni vincolanti su politica del lavoro, riduzione delle tasse, tagli dei costi della politica. Secondo Letta (e anche secondo Napolitano) questa e’ l’unica strada per evitare il salto del buio di nuove elezioni, magari abbinate alle europee.
Renzi vorrebbe un ”patto alla tedesca” ed e’ su questo terreno che i centristi dovranno ingoiare con ogni probabilita’ qualche boccone amaro (per esempio in tema di immigrazione e unioni civili) perche’ e’ altrettanto difficile pensare che il sindaco rottamatore si faccia incastrare nel solito tran tran parlamentare dopo le attese suscitate dalla sua vittoria. Il problema di Renzi e’ anche quello di impedire la saldatura di un fronte Berlusconi-Grillo che, facendo leva sulla crisi sociale, potrebbe comunque riportare un successo alle europee di maggio.
Il movimento dei ”forconi” ha dimostrato come un’ampia fascia di elettorato sia sfuggita di mano ai partiti tradizionali: il fatto che questa area magmatica non si sia riconosciuta finora in nessuno non significa che non possa diventare terreno di caccia dell’oltranzismo antieuropeo, dalla Lega ai forzisti e ai grillini, rendendo di fatto impossibile un cammino delle riforme che abbia poi la certezza di superare i referendum confermativi. Non a caso Renzi ha cominciato a porre qualche paletto anche sul cammino di Letta: per esempio bocciando la web tax, parlando di un ”Job Act” che nella sua concezione e’ qualcosa di molto piu’ radicale dei microinterventi di riduzione del costo del lavoro, e soprattutto accennando alla necessita’ di cambiare le regole europee: questa e’ la vera chiave del rilancio ma anche un ostacolo impervio sulla strada di un premier chiamato a negoziare con Berlino la revisione dei patti di stabilita’.
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