"Prima presa d’atto di un disastro da tempo annunciato e per troppo tempo esorcizzato nella speranza di un improbabile miracolo. È il quadro che emerge dalla nota di aggiornamento del Def". Così Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, in un editoriale pubblicato da "Il Giornale". "Cominciamo dalla crescita, anzi dalla de-crescita. Nell’aprile 2014 Matteo Renzi aveva previsto per quest’anno un aumento del Pil dello 0,8%. Se le nuove previsioni saranno confermate, chiuderemo con una caduta dello 0,3%. Una differenza dell’1,1%. Diamo atto a Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, di aver resistito alla tentazione di giocare con le cifre" sottolinea l’ex ministro. Che aggiunge: "Non ci convince l’ipotesi che per il prossimo anno, il 2015, l’economia italiana, in assenza di un forte cambiamento della politica economica, possa crescere dello 0,6%. Bene che vada, il semplice abbrivio porterà ad un valore che è pari alla metà, con la conseguenza di spingere il deficit, che nelle previsioni già balla pericolosamente sul baratro del 2,9%, oltre la soglia canonica prevista dalle regole di Maastricht", "la dimostrazione di quest’assunto è nelle previsioni circa l’andamento del debito, che in rapporto al Pil è previsto scendere da un’iniziale 134,9% del Pil al 131,6%. Con una flessione di oltre 3 punti. Un’evidente stonatura, che ha solo una giustificazione contabile. In percentuale il debito scende, ma solo come effetto della revisione statistica del Pil. Non per merito della politica economica del governo".
"Le regole europee impongono ai Paesi procedure di rientro, che sono misurate dall’andamento del deficit strutturale di bilancio. Quest’ultimo dovrebbe essere compreso tra lo zero e meno 0,5. Per il 2014 il Def aveva previsto una soglia dello 0,6, contestata dalla Commissione europea, secondo la quale quel valore era pari allo 0,8 per cento. Ancora maggiore lo scarto nelle previsioni per il 2015: 0,1 da parte del governo e 0,9 da parte della Commissione. In simili circostanze, i Trattati prevedono un aggiustamento pari allo 0,5 % del Pil (circa 8 miliardi di manovra). Il Consiglio dei ministri ha invece fatto orecchie da mercante, prevedendo esplicitamente un ‘rallentamento nel percorso di avvicinamento’. L’aggiustamento sarà solo dello 0,1 per cento. Ipotizzando (i conti senza l’oste), altresì, l’ulteriore rinvio di un anno (non più il 2016 come originariamente previsto, ma il 2017) nel conseguimento dell’obiettivo di medio termine. Una nuova scommessa, all’insegna del moral hazard".
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