Finalmente una buona notizia. Dopo i bollettini catastrofici che periodicamente l’Onu ci scodella, come il riscaldamento globale definito "grave, intenso e irreversibile", il ritiro dei ghiacciai, la desertificazione, senza minimamente tener conto che tali episodi sono ciclici e che si sono verificati anche quando la popolazione mondiale era di pochi milioni di persone e le industrie praticamente inesistenti, il quotidiano La Repubblica, che a suo tempo tanto si battè per la distruzione, specialmente in Piemonte e nel Veneto, di mais Ogm e per vietare l’agricoltura Ogm con conseguenti perdite di milioni, oggi, grazie alle rivelazioni della scienziata di area Pd, Elena Cattaneo, ci informa che non sono gli Ogm ad essere pericolosi, ma tutti gli altri prodotti agricoli in quanto più soggetti alle varie malattie.
Forse a suo tempo a Repubblica nessuno pensò che nel tempo tutte le piante si sono modificate per opera di "Madre natura" e che una pianta sana è senza dubbio nettamente migliore di quella piena di parassiti e, pertanto, non bisognevole di cure a base di sostanze chimiche.
Orbene, nell’essere soddisfatti per vedere tolto questo velo di pura ottusità ideologica, dobbiamo annoverare un altro pericolo di cui mai nessuno si era reso conto: la pizza cotta al forno a legna. Secondo la dotta Milena Gabanelli queste pizze così gustose sarebbero di una pericolosità inusitata, forse superiore alla malattia Ebola, sia per le bruciature lungo i bordi sia per il fumo della legna. Premesso che non c’era bisogno della Gabanelli per sapere che il cibo sbruciacchiato è nocivo, forse ne parlavano già 2000 anni fa, la storia del fumo fa sbellicare dalle risate. Sono migliaia di anni che l’uomo affumica il cibo, formaggi, carne, per aromatizzarli, ma soprattutto per conservarli nel tempo; ora si scopre che quei cibi sono tossici e ci si chiede come mai l’umanità sia sopravvissuta a tale mortale pericolo. Vabbè, alla fine potrebbe essere anche una cosa piacevole gustarsi una bella pizza cotta al forno a legna e nel contempo spanciarsi dalle risate per le oziose balle che l’acculturato di turno, in cerca di visibilità, ci scodella.
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