‘Se consente, voi giornalisti enfatizzate le diversita’ di vedute’. Le parole del procuratore di Lecce Cataldo Motta per chiudere l’incidente diplomatico esploso ieri tra il suo ufficio e quello di Brindisi confermano che lo scontro tra le procure c’e’ stato e si e’ risolto solo quando due ministri hanno ribadito – prima in privato, anche con parole dure, e poi a decine di giornalisti – la necessita’ di ‘lavorare uniti’ con un unico scopo: scoprire gli autori di un attentato ignobile.
A farne le spese e’ il procuratore di Brindisi, Marco Dinapoli, il magistrato che ieri in conferenza stampa aveva parlato di ‘gesto isolato’ e confermato l’esistenza del video che ritrae il presunto attentatore, facendo andare su tutte le furie il collega di Lecce: ‘quale video? Da me non avrete mai nulla sulle indagini, la conferenza stampa non l’ho fatta io’ aveva tuonato Motta. L’inchiesta, infatti, passa da Brindisi alla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e cambia anche l’ipotesi di reato: da strage – la cui competenza e’ della procura ordinaria – a strage aggravata dalla finalita’ di terrorismo, di cui si occupa invece la distrettuale antimafia.
Per non escludere del tutto la procura brindisina dagli accertamenti, pero’, e’ stato deciso di aggregare all’ufficio di Motta il sostituto procuratore titolare del fascicolo, Milto Stefano
Denozza.
Certo e’ che le tensioni tra i magistrati non sono piaciute al ministro della Giustizia Paola Severino che, nel corso del vertice, ha ribadito piu’ volte la necessita’ di lavorare uniti, senza personalismi e protagonismi.’Siamo qui – ha detto – per segnalare l’unita’ della magistratura, in tutte le sue componenti e articolazioni’. Il Guardasigilli ha anche criticato pesantemente la fuga di notizie che ha portato alla diffusione del video, giudicando ‘riprovevole’ la violazione del segreto istruttorio e poi, in conferenza stampa, rimarcando il ‘senso di grande maturita’ dei giornalisti’ che hanno oscurato le immagini del volto del presunto killer.
Dunque a coordinare le indagini sara’ il procuratore Cataldo Motta, che ha subito smorzato i toni. Lavoriamo d’intesa ‘con la procura di Brindisi in una sorta di democrazia a due. Le indagini vengono condotte in perfetta intesa, anche se puo’ esserci stata una diversita’ di vedute in un momento iniziale’.
Parole sicuramente apprezzate dal procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso, che dopo il vertice si e’ fermato a parlare con i giornalisti, con i due magistrati accanto per ribadire che ‘non ci sono assolutamente frizioni’ tra le due procure. Ed e’ stato proprio Grasso a spiegare il perche’ l’inchiesta spetta alla Dda di Lecce. ‘Le finalita’ di terrorismo sono evidenti – dice il procuratore – Tolta l’ipotesi del fine personale nei confronti delle vittime, non c’e’ dubbio che qualsiasi altra ipotesi ha un effetto di terrorismo, sia che venga fatto da un singolo isolato, sia da un pazzo, sia da un’organizzazione eversiva, dalla mafia o dalla Sacra Corona Unita’. In ogni caso, prosegue Grasso, ‘ l’effetto e’ terroristico, intimidatorio e questo produce la competenza della procura distrettuale Antimafia o di quella competente per atti di terrorismo’.
Chiuso, si spera, l’incidente, si torna a scervellarsi su un attentato con ancora molti punti oscuri. Uno dei quali, gia’ emerso nei giorni scorsi, lo avanza lo stesso Motta. ‘Il fatto che sia stata una persona a compiere l’atto finale non esclude che dietro ci possa essere una struttura organizzata. Ma a mio avviso e’ difficile che quest’uomo possa avere realizzato un attentato del genere da solo’.
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