La legge 31 dicembre 2012, n. 235 (la cosiddetta "Legge Severino) è applicabile a Silvio Berlusconi o vale la non retroattività delle norme sull’incandidabilità (la legge è stata approvata dopo i fatti per cui l’ex premier è stato condannato ma naturalmente prima della sua elezione a senatore nell’attuale Parlamento)? E’ questo il nodo principale su cui verte tutta la vicenda del leader del Pdl dopo la sua condanna definitiva a 4 anni di reclusione per frode fiscale nell’ambito del processo Mediaset sancita dalla Corte di Cassazione. I sei pareri pro veritate di illustri giuristi e costituzionalisti depositati lo scorso 28 agosto dai legali di Silvio Berslusconi alla Giunta per le elezioni del Senato sono tutti imperniati proprio sull’impossibile applicazione della decadenza del Cavaliere da senatore perché la legge Severino-Monti verrebbe applicata in modo retroattivo al suo caso. In sostanza gli esperti portati dall’ex premier a sostegno delle sue tesi sostengono tutti che dovrebbe essere la Consulta a dire l’ultima parola sulla costituzionalità della legge Severino e che quest’ultima prevedendo una sanzione particolarmente afflittiva e di natura sostanzialmente penale ricada nel raggio di operatività dell’articolo 25 della Costituzione, dove si stabilisce appunto l’irretroattività delle pene. Molti i giuristi e i costituzionalisti, d’altra parte, che non ritengono necessario un ricorso alla Consulta e non rilevano nessun problema sulla retroattività della legge Severino.
Tra gli altri, l’ex presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida, secondo il quale l’incandidabilità-decadenza di Silvio Berlusconi non è una sanzione né penale né amministrativa: la norma invece stabilisce una condizione per l’eleggibilità collegata a una condanna e quando Berlusconi è stato eletto era già in vigore. Dopo la sentenza definitiva per l’ex premier, quindi, sono venute meno le condizioni per la sua eleggibilità e di conseguenza deve scattare la decadenza da senatore. Ma tutta la strategia difensiva del Cavaliere è stata incentrata sulla retroattività della Severino. Così il ricorso alla Corte di Strasburgo (depositato anche in Giunta al Senato) prefigura la violazione di tre articoli della Convenzione Europea e pone anch’esso l’accento sulla non retroattività della legge Severino: primo principio violato sarebbe quindi quello stabilito all’articolo 7 che disciplina il "nulla poena sine lege". E in attesa che la Giunta del Senato prenda una qualche decisione (per la Corte di Strasburgo si parla di diversi mesi necessari all’esame del ricorso di Berlusconi), visto il tentativo di allungare i tempi da parte del Pdl, a pronunciarsi potrebbe essere prima la Terza Corte d’Appello di Milano chiamata a rideterminare le pene accessorie alla condanna a 4 anni per frode fiscale di Silvio Berlusconi. I giudici di Milano, infatti, hanno fissato per il 19 ottobre la prima udienza che deve ridefinire da un minimo di uno a un massimo di tre anni l’interdizione dai pubblici uffici stabilita in primo grado, modificando i 5 anni confermati inizialmente in Corte d’Appello.
Intanto entro il 16 ottobre il leader del PdL dovrà scegliere se scontare la pena residua agli arresti domiciliari o chiedere di essere affidato ai servizi sociali. E per la grazia, ha ribadito più volte il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il condannato dovrà comunque iniziare a scontare il suo debito con la giustizia, fosse anche solo per un giorno.
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