Silvio Berlusconi non dovrebbe accettare i servizi sociali, né i domiciliari. Dovrebbe forzare la mano ed andare in carcere, inchiodare alle loro responsabilità questi magistrati zelanti che vorrebbero negargli l’agibilità politica con un guanto di velluto, strozzandolo ma non troppo, giusto per non apparire platealmente in contrasto con il mondo politico. Esacerbati gli animi e chiusi gli spazi di manovra, è ormai sempre più vicina l’accetta con cui vorrebbero decapitare il Cavaliere. Lui è fermo, inerme, con una grande rabbia dentro pronto ad esplodere e dare battaglia, mai prono dinanzi alla guerra giudiziaria. Eppure, le colombe riescono ancora a tenerlo a bada, ad ancorarlo ad una speranza che si chiama Colle.
Dai “Palazzi” Berlusconi non otterrà nulla. L’egida di Napolitano non abbraccia l’ex premier e la Giunta sulla decadenza vuole ignorare il risvolto politico della questione, attenendosi pedissequamente ad una sentenza illogica, carica di vizi procedurali e pregiudizi ideologici. Un uomo della statura di Silvio “condannato” ad essere giudicato su cavilli burocratici e su leggi che calpestano la ratio Costituzionale della irretroattività penale e delle connesse pene accessorie (amministrative).
L’unico salvacondotto oggi possibile è il voto. Staccare l’esecutivo dell’onta giustizialista ed avventurarsi in una grande sfida elettorale. Quando i Tribunali non amministrano più la legge in nome e per conto del popolo, è il popolo che deve esprimersi in merito. Acclameranno il loro inoppugnabile verdetto nelle urne, perché se di giustizia si può patire, di ingiustizia si può morire.
Twitter @andrewlorusso
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