Vittorio Zucconi, sul suo Blog di Repubblica, afferma che uno dei pochi vantaggi di appartenere a un governo non espresso dai partiti, e dunque non soggetto al ricatto quotidiano della popolarità e della campagna elettorale “non stop”, è quello di poter dire eresie che fulminerebbero qualsiasi leader politico, come scoprì anche il pimpante Berlusconi rompendosi due volte le corna sulle pensioni e poi sullo Statuto dei Lavoratori. Ed aggiunge, da quel lucido analista che è, che il Ministro Fornero, dicendo quello che tutti sanno e non osano dire, compresi quei tromboni dei sindacati bianchi e rosè che firmarono da brave pecorelle i “Patti Truffa” con Berlusconi e Sacconi, ha osato infrangere una dei tabù più intoccabili nel panorama italiano: un tabù che, si crede, possa sempre fare il miracolo di “salvarci il posto”, indipendentemente dai mercati e da noi stessi.
Scritto da Sigmund Freud fra il 1912 ed il 1913, “Totem e Tabù”, è un testo che ha grandemente contribuito alla scoperta dell’inconscio e, ancora, ha arrecato enormi contributi alle scienze umane e sociali, attestato, tra l’altro, dall’uso che di esso hanno fatto, nell’ambito dell’antropologia, Lévi-Strauss e, in quello storico, gli studiosi della Scuola de “Les Annales”. In quel testo, si è chiarito che tutti i tabù implicano la categoria del sacro, che è il fondamento della magia. Il potere magico fa riferimento ad una concezione animistica della realtà e alla credenza nell’onnipotenza del pensiero. Quest’ultima implica né più né meno un’equivalenza, a livello inconscio, tra desideri, fantasie e azioni. Ed è interessante che ora, fra le polemiche sul governo e le sue procedure, salti fuori, a proposito dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, il termine (pronunciato dalla Marcegaglia, ma evocato della ministra Fornero) di totem e che Bonanni parli dello stesso come di un “sacrario” che non è in discussione, senza che nessuno avverta che non è cambiato un capitolo, né in termini restrittivi ed abolitivi, né stringenti e conservativi, che si risolve il problema occupazionale di questo Paese che appare, sempre più perso in una dimensione “magica” il cui un potere per così dire metafisico a strale ci porti fuori dalle secche di una recessione ormai patente e di un futuro con orizzonti sempre più vaghi, cupi e ristretti.
Il parallelismo che Freud pone, tra pratiche magiche e rituali ossessivi, è a questo punto interessante. Di fatto la necessità di eseguire i rituali, anche quando ciò avviene da parte di persone lucide, razionali e laiche, implica sempre il riferimento ad una logica superstiziosa. Secondo Freud nel livello inconscio dei nevrotici vige lo stesso principio che sottende le pratiche magiche, vale a dire il riferimento all’onnipotenza del pensiero. Ora questo principio non sembra affatto presente nella magia, laddove la possibilità di interferire e di volgere a proprio favore le "forze" che trascendono l’uomo non si basa sull’onnipotenza del pensiero ma semplicemente sull’efficacia dei simboli nella misura in cui essi sono condivisi da una comunità.
Così la Fornero continua nevriticamente a sostenere che l’articolo 18 è il nodo gordiano su cui basare la riforma del lavoro e, altrettanto nevriticamente, i sindacati le chiedono di discutere di aumenti salariali. E mentre alcuni fra i riformisti del Pd affermano che l’art.18 "bisogna cambiarlo senza totem né tabù, come dice il ministro Fornero", Nichi Vendola è con i sindacati ed afferma che detto articolo non si tocca e aggiunge che “se il governo pensa di mettere mano ad una riforma regressiva e di destra, la risposta sarà durissima". Alcuni commentatori sostengono che il tema costituirà, come anche quello della riforma elettorale, una delle “linee del Piave” di questo governo, che certamente è costretto a risolvere difficoltà di pronta cassa e nel più rapido tempo possibile, ma che in fatto di equità non ha dato prove complete di ragionevolezza nella distribuzione dei sacrifici, dato che non ha tassato i grandi patrimoni, aggiunto tassi risibili ai beni scudati, rimandato l’intervento drastico sui costi della politica, non toccato affatto la Chiesa.
Ieri, durante il sit in piazza Montecitorio, Raffaele Bonanni ha detto che questo governo è “forte con i deboli e debole con i forti”, un governo “che piega la testa davanti alle corporazioni, alle casse previdenziali e alle rendite dei privilegiati”. Comunque il governo ha blindato la manovra e non concederà nulla perchè non ha intenzione di lanciare segnali negativi ai mercati e perché non può infilarsi in uno scontro con i partiti che lo sorreggono. Né farà ricorso al decreto milleproroghe per recuperare le misure uscite all’ultimo minuto dal decreto: liberalizzazioni, innanzitutto. L’altolà del Pdl è già arrivato: “Nessuno pensi ad operazioni unilaterali sul decreto milleproroghe, che riguarda l’ordinaria amministrazione”, ha intimato il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, preoccupato che possano rientrare dalla finestra le misure che stanno a cuore al Pd. La partita si sposta dunque a gennaio (e per le frequenze prevede tempi lunghi) quando dovranno cominciare a prendere corpo anche i provvedimenti antirecessivi promessi dal governo. E sarà una partita dura e nevrotica, a quel che si vede, sui temi scottanti della riforma del lavoro e di quella elettorale. Sarà allora, con i nuovi fascicoli: sulle liberalizzazioni alle infrastrutture, sulla riforma fiscale e quella del mercato del lavoro, che si confronteranno gli istinti irrazionali su totem e tabù e si vedrà quanta matura, davvero, e capace di equilibrio è questa nostra Nazione.
Freud vedeva nel sacrificio totemico una delle forme collettive di liberazione dal complesso di Edipo mentre Girard utilizza i concetti di desiderio mimetico e capro espiatorio. E, credo, il capro espiatorio per ciò che l’Italia non sarà in grado di fare sul piano del lavoro e di altro, sarà, piuttosto a breve, proprio Monti con il suo governo. Sarà così che politica e sindacato potranno rimettere le mani sull’Italia e dirci che è tutto a posto e che possiamo tornare a ballare, mentre il Titanic affonda.
Da Freud e dalla psicoanalisi abbiamo imparato, in cento anni, che il Super-Ego "paterno" diventa il Super-Ego "sociale" e che l’Ego, dunque, si trova a commerciare tra l’Es e il Super-Ego, tra le pulsioni dell’Es, aggressive ed egoiste – che tendono ad una soddisfazione irrefrenabile e totale – e le proibizioni del Super-Ego che impone tutte le restrizioni e le limitazioni della morale e della "civiltà". Ma queste forze istintive sono regolate da due principi: quello del piacere e quello di realtà. Per il principio del piacere, la libido tende a trovare un soddisfacimento immediato e totale. Su questa strada, però, essa trova quel censore che è il principio di realtà che costringe le pulsioni egoistiche, aggressive ed autodistruttive ad incanalarsi per altre vie, le vie della produzione artistica, della scienza, e così via: le vie della civiltà. Tuttavia, davanti alle repressioni del principio di realtà, l’istinto non desiste e non si dà affatto per vinto e cerca altri sbocchi per il suo soddisfacimento. E allora, se non riesce a "sublimarsi" in opere d’arte, risultati scientifici, realizzazioni tecnologiche, educative o umanitarie, e se, d’altra parte, gli ostacoli che incontra sono massicci e impermeabili a qualsiasi deviazione sostitutiva, la spinta dell’istinto si trasforma in volontà di distruzione e di autodistruzione. Dovremmo ora riflettere su questo ed in termini sociali, se davvero vogliamo salvarci.
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