L’Italia senza futuro. Disoccupazione giovanile al quaranta per cento. L’Italia che sbanda. L’aumento dell’Iva mette supine le famiglie.
L’Italia che svende. L’isola di Budelli, in Sardegna, un gioiello, uno scrigno. Il paradiso venduto. Svenduto all’asta. Il disco purtroppo gira e va la brutta musica, siamo un Paese alla deriva. Inventato come tentativo per bilanciare il debito pubblico, il nuovo aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento è un’altra stangata sulla schiena degli italiani. Un pugno in bocca o allo sterno. Secondo le associazioni dei consumatori, l’aumento avrà una ricaduta media sulle famiglie italiane da 207 a 349 euro l’anno. Caleranno di conseguenza i consumi, il 3 per cento è una previsione dettata dall’ottimismo. Ma gruppi come l’Ikea hanno già scelto come parare il colpo o schivare la botte nei denti anche delle aziende. Ikea assorbirà l’aumento dell’Iva senza aumentare i prezzi.
L’aumento dell’Iva è entrato in vigore lunedì 1° ottobre. I primi ad accorgersene sono stati gli automobilisti. Quelli che si sono fermati al distributore per il rifornimento di carburante. Il temuto punto in più ha provocato fibrillazioni e scatenato rosari di bestemmie. Il prezzo della benzina è particolarmente sensibile all’aumento dell’Iva, venendone colpito al punto di proporre reazioni schizzoidi. Le grandi catene, sulle autostrade, hanno scelto di tenere i prezzi. O di resistere in attesa di valutare che cosa succederà nei prossimi giorni. La benzina, poi il vino, la birra, il televisore, la radio, il computer, i mobili, i giocattoli, i detersivi. E anche i parrucchieri, certo. Le due grandi organizzazioni del settore, Confcommercio e Confesercenti, appaiono unite nella previsione. Nefasta in ogni caso, sarà una vera e propria ecatombe.
La stangata conseguente all’aumento dell’Iva è destinata a bastonare tutti. Ineludibile la depressione dei consumi. In particolare, sulle spese natalizie, come conseguenza vicina. Il commercio continuerà ad andare a buone donne. Quindi, chiusure, gente in mezzo alla strada, aumento del numero dei disoccupati, e il Paese chiamato meditare su quel drammatico dato: disoccupazione giovanile al meno 40 per cento. Privati mediatamente dai 207 ai 349 euro l’anno, gli italiani si ritroveranno nelle tasche sempre meno soldi. D’accordo, almeno per il momento, la stangata non va ad influire sui beni di prima necessità. Pane, latte, carne, pesce. Attenti, però: anche i prezzi di questi generi potrebbero essere presto soggetti ad aumenti, a causa di possibili maggiori costi dei trasporti. A proposito dei quali, bisogna rilevare le anomalie che si sono verificate sulle autostrade, in materia di carburanti e pedaggi, allo scoccare della mezzanotte del fatidico giorno.
L’aumento previsto della benzina oscillava tra 1,4 e 1,6 centesimi di euro. Molte pompe, soprattutto quelle bianche, hanno incrementato il prezzo di 1,5 centesimi. Le maggiori marche hanno contenuto l’incremento a 0,6 centesimi di euro. Ma in mezzo a salassi annunciati e già avviata, c’è posto anche per una buona notizia: l’abbattimento del prezzo di un centesimo per la benzina verde e di mezzo centesimo per il gasolio. In questi distributori si verificherà probabilmente un paradosso: si spenderà meno di prima dell’aumento Iva. Magari sarà solo per un momento, e questa è la vera paura. Un rompicapo gli aumenti dei pedaggi autostradali. Alcuni ticket aumentano, altri sono rimasti invariati. La distonia viene attribuita dalla Società Austostrade “agli arrotondamenti per difetto o eccesso fino a dieci centesimi che, per legge, vanno applicati dopo l’incremento dell’Iva. E i supermercati? Hanno assunto la decisione di bloccare i prezzi. Non saranno toccati i listini dei beni di prima necessità assoggettati all’aumento dell’Iva. Ma fino a quando? La risposta è “a breve”, non appena sarà possibile valutare l’impatto della crescita Iva (e di conseguenza dei trasporti) sui bilanci delle società. Una situazione in divenire che comunque non promette nulla di buono.
Intanto, è giusto e opportuno far notare come le grandi catene della distribuzione alimentare abbiano effettuato una significativa frenata. Almeno per quanto attiene i generi di prima necessità.
In Sardegna il paradiso perduto. Anzi venduto all’asta. L’isola di Budelli, Arcipelago della Maddalena, è uno sballo per gli occhi e lo spirito. Spiaggia rosa, una perla un sacco bella, nell’estremo Nord della Sardegna, provincia di Olbia/Tempio. Uno virgola sessanta chilometri quadrati, Michelangelo Antonioni, nel 1964, venne in quel paradiso a girarvi nel 1964 alcune scene di “Deserto rosso”. L’isola ha un solo abitante, il custode. Venduta all’asta, Budelli è stata acquistata da un imprenditore neozelandese. Sì, comprata per 2 milioni 294 mila euro all’asta, in seguito al fallimento della vecchia proprietà, una società immobiliare di Milano. Il passaggio è avvenuto davanti al giudice del Tribunale di Tempio Pausania. Ma chi è l’anonimo compratore neozelandese? Si sa che è titolare di una società con sede in Svzzera, e secondo il suo legale e Fanpage è “un vero ambientalista; innamorato di Budelli e dell’intero arcipelago della Maddalena, intende portare avanti un piano specifico di conservazione dell’Isola”. Budelli la perla è soggetta ad una serie di vincoli paesaggistici e ambientali. Sull’isola non si può neppure passeggiare a piedi, se non accompagnati dal personale del parco. Ministero dell’ambiente e Ente Parco avrebbero la possibilità di riappropriarsi di Budelli. Hanno a disposizione infatti 90 giorni per far valere il diritto di prelazione, pareggiando l’offerta dell’imprenditore neozelandese. Due milioni e 294 mila euro: Ente Parco e ministero li hanno tutti questi soldi? Silente il ministero, bloccato dalla crisi di governo. Novanta giorni passano in fretta.
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