Augusto Sorriso, membro del Comitato di Presidenza del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero e Coordinatore MAIE negli Stati Uniti, e Paolo Ribaudo, presidente del Comites New Jersey, hanno scritto una lettera al ministro degli Esteri Emma Bonino, in occasione della sua visita a New York. Riportiamo qui di seguito il testo della lettera in maniera integrale.
Gentile On. Bonino, Ill.stre Ministro,
Confidando che Ella vorrà attentamente leggere questa nostra, vogliamo anzitutto esternarle il grande sentimento di speranza che aveva in noi destato la Sua nomina al Ministero degli Esteri. Alla speranza, però, è seguita una profonda delusione per il Suo comportamento nei riguardi degli italiani residenti all’Estero, a prescindere dalla decisione da Lei avallata sulla chiusura del Consolato di Newark e di altre 13 sedi consolari. Cercheremo di spiegare il perchè di questo sentimento di assoluta frustrazione.
Facendo una brevissima cronistoria, saprà benissimo che il Suo predecessore Ministro Terzi congelò la stessa sciagurata decisione due anni or sono col preciso impegno di rivedere e riorganizzare tutto l’impianto diplomatico, affinché si avesse un reale risparmio senza penalizzare le nostre Comunità. Lei, ci perdonerà, non ha provveduto a nulla di tutto questo, attenendosi soltanto a firmare un provvedimento che è rimasto lo stesso senza nessun confronto con le parti interessate, soprattutto COMITES, CGIE ed eletti all’Estero.
Si è limitata a sottoscrivere un provvedimento voluto da una “casta” interessata al mantenimento dei privilegi a danno dei più deboli, senza un reale risparmio per le casse dello Stato. Se questi sono i provvedimenti di “revisione della spesa” messi in atto anche da altri Ministeri, ci sorge il serio dubbio su dove finirà la nostra Italia. Se riflette attentamente sugli interventi del Sen. Micheloni e dell’ On. Fedi, potrà ben capire che il MAE potrebbe risparmiare solo negli USA diversi milioni di euro invece delle poche centinaia di migliaia di euro derivanti dalla chiusura di Newark, mantenendo intatta la rete di rappresentanza.
E veniamo al motivo di questa lettera. Lei ha liquidato una mal posta, ma utile in ogni caso, interrogazione con argomentazioni completamente errate e prive di verità, non certamente per mala fede, ma sicuramente per poca attenzione ed informazione. Premesso che, come detto attuando lo schema proposto dall’On. Fedi, si risparmierebbero circa quattro milioni di euro, Lei sostiene che il Consolato di New York abbia la capacità di ricevere altri 18.000 connazionali, la informiamo che già oggi, mentre a Newark per la pratica di riacquisto della cittadinanza servono 6-8 mesi, a New York servono quattro-cinque anni. Un appuntamento a Newark si ottiene entro qualche settimana, cosa impensabile a New York.
A parte i problemi di spazio, aggiungere quasi ventimila connazionali a quel Consolato Generale significa farlo scoppiare, con un danno enorme per la grande Comunità newyorkese e irreparabile per i concittadini del N.J. Sa meglio di me che, bene che vada, al C.G. di New York saranno aggiunti solo i dipendenti a contratto di Newark quale rinforzo. Lei ritiene che l’Amministrazione americana possa mai decidere di chiudere l’aeroporto La Guardia perchè è a sole tre miglia dal Kennedy o perchè il Kennedy è ben collegato col centro della città? I collegamenti ferroviari con New York sono pessimi ed un breve (all’apparenza) viaggio al C.G. costerebbe in auto non meno di cento dollari. Inoltre, di quale risparmio parliamo? Esso riguarderebbe solo l’affitto (che spostando la sede di Newark non arriverebbe a 50-60 mila euro annui) e lo stipendio di un diplomatico, che potrebbe essere compensato (vedi On. Fedi) risparmiando sui dipendenti che vengono da Roma che costano minimo cinque volte un dipendente assunto in loco. Per fare un passaporto, gestire un archivio o iscrivere i connazionali non serve un funzionario “romano”.
Lei parla del New Jersey come di un Consolato di poca importanza, ma forse non sa che in questo stato vive la seconda Comunità degli USA (28.000 unità più le migliaia di residenti provenienti da New York e Filadelfia che non hanno trasferito la residenza).
Artificiosamente 9.000 connazionali del New Jersey vengono dirottati su Filadelfia; nel New Jersey sono presenti le più grosse imprese italiane (Ferrero e Ferrari solo per citarne due); vi si trova il porto più importante per i traffici con l’Italia (con impegno frequente del nostro Consolato). Tanto ciò è vero che, con enfasi del MAE, nel 2007, in piena riorganizzazione (e chiusure) della rete consolare, si elevò Newark da Vice Consolato a Consolato.
Le richieste di visti presentate da cittadini del N.J. nei consolati di New York e Filadelfia numericamente sono quasi pari a quelle presentate dai cittadini della grande New York: al Consolato di Newark non è stata data mai la possibilità di emettere visti per indebolirne l’importanza, anche finanziaria, a favore degli altri due Consolati (con lunghe attese a New York). Lo sa che in N.J. vivono oltre trecentomila italiani nati in Italia che hanno perso la cittadinanza?
In una prima edizione di questa “riorganizzazione” (2011) il MAE aveva deciso di chiudere il consolato di Filadelfia, asserendo che gestiva un territorio troppo vasto, che molti Stati di sua competenza erano vicinissimi a Washington che poteva ricevere (lì sì) tranquillamente 4-5 mila connazionali, che, quindi, ci sarebbe stato un reale vantaggio logistico e che in Pensilvania risiedevano solo 7.000 connazionali, per cui, spostando il Consolato di Newark a Trenton, i connazionali della Pensilvania non avrebbero avuto nessun disagio anzi un vantaggio, considerato che gran parte di essi vive vicino a Trenton ugualmente raggiungibile. Per non parlare della grande Comunità del New Jersey che finalmente si sarebbe ritrovata sotto un unico Consolato, con grande vantaggio anche per i nostri corsi di italiano. Altra sede da chiudere era Detroit. Di Newark non si parlava nemmeno, d’altronde sarebbe stato come ammettere di aver speso il denaro pubblico inutilmente elevando la sede a Consolato. È bastato un intervento politico per Filadelfia ed uno economico per Detroit per far ricadere su Newark la mannaia della chiusura. Ovviamente ci siamo sempre opposti e ci opponiamo fermamente anche alla chiusura di queste sedi consolari, ma quanto detto è solo per dimostrare l’incongruenza e la illogicità della chiusura di Newark e della proposta del MAE.
Temiamo che, se non si eliminano i privilegi, in un futuro non lontano si riparlerà di chiusure. Tutta questa riorganizzazione in ogni caso mira a mantenere i privilegi della “Casta”. Avere affidato la riorganizzazione della rete consolare solo ai funzionari MAE è come affidare oggi solo ai tacchini la scelta della data del Giorno del Ringraziamento, farebbero arrivare Pasqua sicuramente prima (noi siamo gli agnelli da sacrificare).
Non siamo disponibili a soluzioni al ribasso come da qualche parlamentare maldestramente è stato richiesto. Sarebbe inutile per i concittadini e dannoso per le casse dello Stato. Sarebbe meglio avere contezza delle situazioni prima di fare propagandistiche interrogazioni.
Carissima Ministro, Lei rappresenta (o dovrebbe rappresentare) anche gli interessi dei cittadini all’estero, la Sua storia personale merita ben altro giudizio. Riveda questo provvedimento e ascolti, oltre alla Casta, anche i più deboli. Vada al CdP del CGIE (29-30 ott.) e si faccia una personale opinione con i dati che le altre parti vorranno e dovranno sottoporle. Non può liquidare i disagi di centinaia di migliaia di concittadini senza un approfondito esame. I risparmi che vengono proposti sono esigui ed “interessati”. Siamo anche noi “interessati”, ma siamo la parte debole ed abbiamo diritto perlomeno ad essere sentiti prima di essere condannati. Ci faccia ricredere!!!
Noi, in ogni caso, andremo avanti tentando di fermare questo assurdo provvedimento con un ricorso al TAR per il mancato rispetto della legge e per il danno alle Comunità e cercando di dare il massimo della pubblicità, mettendo in risalto i mancati risparmi a danno degli italiani tutti ed a favore della “Casta” arroccata sui suoi privilegi. Non ce ne voglia, ma riteniamo di dover difendere i nostri diritti.
Siamo consapevoli del momento difficile che l’Italia vive ed ancora oggi riteniamo di essere tra i più importanti contribuenti alla ripresa del nostro Paese (non stiamo a ripetere cose che conosce benissimo). Ospitando ed aiutando gli oltre centomila connazionali clandestini e non (dati consolari) che negli ultimi anni si sono trasferiti negli USA, crediamo di aver inoltre alleviato i disagi di una disoccupazione italiana dilagante: questi sono gli Italiani all’Estero e questa è la loro generosità, ma l’Italia spesso lo dimentica.
Sperando nuovamente che Ella vorrà dare attenzione a questa nostra, in attesa non di una risposta ma di un incontro con i nostri rappresentanti istituzionali, La ringraziamo anticipatamente e porgiamo i nostri più cordiali saluti.
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