L’avevamo capito ormai da qualche tempo: il numero dei gay, delle lesbiche e dei transessuali è diventato troppo importante (complice forse un’interpretazione sempre più ampia della libertà sessuale anni sessanta) per non fare gola ai politici sempre in cerca di voti. Si tratta ormai di un "popolo" vero e proprio, affamato non tanto del diritto ad esistere che nessuno oggi mette in discussione, quanto del diritto a mettere le mani su pensioni e patrimoni del partner. Tutto il resto è fuffa. Qualche riflessione al riguardo mi sia concessa, anche se abbiamo il timore di incorrere nel delitto di lesa maestà chiamato omofobia.
Se si tratta di unioni eterosessuali, non si capisce perchè, dopo una scelta indipendentista e "alla moda", quella di dare priorità ai rapporti affettivi svincolati da riti e firme contrattuali, si finisce col chiedere allo Stato gli stessi diritti che si sono platealmente disprezzati: forse è caduto nel tempo l’albero dell’amore e si vuole piantare l’albero dello zecchino? Qualche perplessità è d’obbligo.
I diritti civili, se si va in Comune, sono precisi e ben consolidati: poca spesa, due testimoni e il dado è tratto. Perchè ignorarli a priori? Bisognerebbe distinguere i diversi casi e le diverse storie umane per capirci di più.
Quando si parla di coppie gay, poi, ci chiediamo come mai la libertà sessuale praticata e gridata ai quattro venti in tutti i raduni e manifestazioni, finisca col cedere a quel trito desueto e retrogrado concetto dell’affettività, dell’amore per sempre, della fedeltà giurata e della lunga felice convivenza a due. Le coppie che i massmedia continuano a propinarci appaiono formate da vecchi coniugi pantofolai dediti alla cucina e alla lettura. Non è questa l’immagine che proclamavano ai quattro venti le prime icone del mondo omosessuale, Aldo Busi o Alessandro Cecchi Paone. Anche qui si nota una contraddizione in termini, anzi in itinere; i due parolai più trasgressivi, portatori di idee e comportamenti rivoluzionari, sono stati gradualmente silenziati: l’uno è sparito dagli schermi, l’altro partecipa a buon diritto a trasmissioni culturali di carattere scientifico, ma non manca di presenziare agli intrattenimenti pomeridiani sulla famiglia e sui valori più tradizionali. Così va il mondo e così si trasformano gli uomini: ci auguriamo per i partner più danarosi e benestanti, e sentimentalmente più deboli, che non sia soltanto una pantomima tesa a fregarli e a derubarli.
Libertà è anche libertà dal ricatto amoroso: e nel nostro cinismo, frutto di una vita attivamente spesa alla difesa dei sentimenti autentici, non vediamo debolezze in questa massa di individui che pretendono dallo Stato l’autorizzazione a spolpare i patrimoni altrui. E a svuotare le casse dell’Inps.
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