Recentemente, e in occasione del Natale, mi sono messo a ricordare la mia infanzia. Devo ammettere che è stato molto confortante e persino un poco malinconico. E’ stato interessante ricorrere il passato della mia persona e dell’intorno dove sono nato e cresciuto. E’ stato tanto emozionante ricordarmi in tante attività ricreative, proprie dell’età e della nostra cultura come popolo, come individui e come esseri umani portatori di una identità e di un gentilizio. Ad esempio, ricordo che giocavo a baseball in alcuni terreni vuoti, in spiagge e nelle strade del borgo; così pure mi ricordo esplorando montagne, fiumi, lagune e boschi del mio paese. Che tempi! Ho ricordato tante cose e mi sono ricordato della mia spiaggia favorita dove, nella mia adolescenza, mi piaceva avere i miei primi incontri amorosi. Chi non li ha avuti qualche volta?
Fu in quel momento, caricato ed anche sedotto dai ricordi, che ho cozzato bruscamente con la realtà e ho compreso che tutto questo non è più possibile. Perché? All’inizio degli anni 70 arrivò in questo territorio ancora vergine (dotato di belle spiagge belle e di esuberanti montagne) una proposta esistenziale che avrebbe cambiato completamente la storia della vita di ciascuno dei suoi abitanti; si trattava del turismo.
Se definiamo questo concetto, troviamo questo: si chiama “turismo” l’insieme di quelle attività che realizzano gli individui nel corso dei loro viaggi e soggiorni in luoghi differenti a quelli della vita abituale per un periodo di tempo inferiore all’anno; l’attività turistica generalmente si realizza per ozio, nonostante esistano pure il turismo commerciale ed altre ragioni. E’ precisamente questa attività che, dai suoi inizi e fino ad oggi, ha trasformato la nostra economia, geografia, lo spazio politico e la cultura comune; è per questo che al posto dei “terreni incolti”, ora disponiamo di piazze commerciali, alberghi, ville ed altri tipi di commercio che permettono il sostentamento di centinaia di famiglie. Le nostre “strade” oggi sono molto trafficate grazie alla grande affluenza di veicoli a motore che testimoniano la grande solidità ed importanza economica del comune. Le montagne oggi sono inesplorabili perché appartengono ad altre persone che, in determinati momenti, le hanno acquistate ed hanno fatto sì che le nostre famiglie passassero dall’essere semplici proprietari di terreni a persone abbienti del borgo.
Però, senza dubbio, il punto più critico sono le “spiagge” dove ho avuto i miei incontri… Il nostro turismo è essenzialmente fatto di sole e di spiagge. Al cambiare la nostra economia, aprendo le porte a persone di altre culture, siamo stati privilegiati attraverso buoni esempi, con un facile accesso al denaro, nuove conoscenze, in fine, con comodità praticamente in tutto, perché siamo passati da sistemi rudimentali di pesca ed agricoltura ad intercambi commerciali e culturali, consolidandoci come una economia di servizio. Però coloro che ci offrono tutto ciò non sono come noi, non hanno i nostri costumi, vengono per un tempo definito, arrivano qui per riposare ed attendono da noi la migliore ospitalità. In quest’ottica è imprescindibile che noi “terreneri” comprendiamo che abbiamo scambiato la libertà di vivere come preferivamo nello stesso momento in cui abbiamo accettato i benefici del turismo. Oggi le spiagge sono libere… però con regole, non è possibile mantenere un turismo di sole e spiaggia in assenza di sicurezza e tranquillità. Chiarisco che non sarò mai d’accordo con la privatizzazione delle spiagge, ma comprendo che, per poter tenere accesso a una buona qualità di vita, è essenziale che gli investimenti abbiano la garanzia di tranquillità, sicurezza e di una buona fruizione da parte dei turisti e dei residenti. Abbiamo la possibilità di decidere: turismo ed investimenti a garanzia della sostenibilità di tutti o spiagge disorganizzate, basate sul criterio popolare di qualcuno che “le spiagge sono nostre”; se lo sono, con esse negoziamo ed è nostra responsabilità che il negozio continui ad essere lucrativo.
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