"Vi invito a promuovere insieme una vera mobilitazione etica mondiale che, al di là di ogni differenza di credo o di opinione politica, diffonda e applichi un ideale comune di fraternità e di solidarietà, specialmente verso i più poveri e gli esclusi": è l’appello rivolto da Papa Francesco alle Nazioni Unite, incontrando oggi in Vaticano i membri del Consiglio dei capi esecutivi del coordinamento dell’Onu e il segretario generale Ban Ki-moon.
Il Pontefice ha iniziato il suo discorso sottolineando come sia "significativo che questo incontro si realizzi pochi giorni dopo la solenne canonizzazione dei miei predecessori, i Papi San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II. Essi – spiega Francesco – ci ispirano con la loro passione verso lo sviluppo integrale della persona umana e verso la comprensione tra i popoli, evidenziata anche attraverso le molte visite di Giovanni Paolo II alle Organizzazioni di Roma e i suoi viaggi a New York, Ginevra, Vienna, Nairobi e L’Aia".
I risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, "specialmente nel campo dell’educazione e della diminuzione della povertà estrema – sottolinea il Pontefice -, rappresentano anche una conferma della validità del lavoro di coordinamento di questo Consiglio di capi esecutivi. Non si deve, tuttavia, perdere di vista – al tempo stesso – che i popoli meritano e sperano frutti ancor migliori".
Francesco rileva ad esempio che "nel caso dell’organizzazione politica ed economica mondiale, quello che manca è molto, visto che una parte importante dell’umanità continua ad essere esclusa dai benefici del progresso e, di fatto, relegata a esseri umani di seconda categoria. I futuri Obiettivi dello sviluppo sostenibile dovrebbero, quindi, essere formulati con generosità e coraggio, affinché arrivino effettivamente a incidere sulle cause strutturali della povertà e della fame, a conseguire ulteriori risultati sostanziali a favore della preservazione dell’ambiente, a garantire un lavoro decente per tutti e a dare una protezione adeguata alla famiglia, elemento essenziale di qualsiasi sviluppo economico e sociale sostenibile".
Secondo il Papa il problema è quello di "sfidare tutte le forme di ingiustizia", opponendosi alla "economia dell’esclusione", alla "cultura dello scarto" e alla "cultura della morte", che, "purtroppo, potrebbero arrivare a diventare una mentalità accettata passivamente".
Di fronte alla platea delle Nazioni Unite, il Papa ricorda l’esempio evangelico di Zaccheo, "il ricco pubblicano Zaccheo, che prese una decisione radicale di condivisione e di giustizia quando la sua coscienza è stata risvegliata dallo sguardo di Gesù", come "lo sguardo, spesso senza voce, di quella parte di umanità scartata, lasciata alle spalle, deve smuovere la coscienza degli operatori politici ed economici e portare a scelte generose e coraggiose, che abbiano risultati immediati, come quella decisione di Zaccheo".
"Il progresso economico e sociale equo – afferma ancora Bergoglio – si può ottenere solo congiungendo le capacità scientifiche e tecniche a un impegno di solidarietà costante, accompagnato da una gratuità generosa e disinteressata a tutti i livelli".
Nell’omelia pronunciata durante la messa nella Chiesa di Santa Marta, invece, il Papa ha concentrato l’attenzione sulla figura di Giovanni Paolo II, rievocandone gli ultimi giorni così: "Non poteva parlare, il grande atleta di Dio, il grande guerriero di Dio finisce così: annientato dalla malattia, umiliato come Gesù. Questo è il percorso della santità dei grandi. Ed è anche è il percorso della nostra santità. Se noi non ci lasciamo convertire il cuore per questa strada di Gesù – portare la croce tutti i giorni, la croce ordinaria, la croce semplice – e lasciare che Gesù cresca; se non andiamo su questa via, non saremo santi. Ma se andiamo su questa via, tutti noi daremo testimonianza di Gesù Cristo, che ci ama tanto. E daremo testimonianza che, benché siamo peccatori, la Chiesa è santa".
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