Ricchi ma stanchi, consci che la cinghia va tenuta stretta ma timorosi che l’austerità e i costosi "salvataggi" di Paesi inadempienti mettano a repentaglio il welfare e prima o poi diventino un peso per l’economia trascinando il Paese in recessione. Con questi stato d’animo andranno mercoledí alle urne circa 12 milioni di olandesi in elezioni politiche anticipate guardate con apprensione da Bruxelles, dai governi europei e anche Oltreatlantico. Apprensione perchè l’Olanda, cuore dell’Europa piú ‘virtuosa’, in anni recenti ha piú volte anticipato trend e umori del resto dell’Unione europea: è stato il Paese dove per prima e’ esplosa l’ultradestra xenofoba ed euroscettica, prima con Pim Fortuyn, assassinato nel 2005, e poi con Geert Wilders. E’ il Paese che ha bocciato la Costituzione europea col referendum nel 2005, seguito poi dalla Francia, ponendoci di fatto la pietra tombale. Ora, due anni dopo aver accettato di buon grado l’austerità col governo guidato dal conservatore Mark Rutte, non sembra piú tanto disponibile. Lo aveva capito e cavalcato Wilders, che lo scorso aprile tolse il suo appoggio esterno al governo minoritario di Rutte proprio per non avallare tagli di bilancio da 15 miliardi di euro che servivano a riportare il deficit entro il 3% del pil, dal lui definito un inaccettabile "diktat" dell’Ue. A quanto pare, a Bruxelles possono stare tranquilli, per ora. O meglio, possono aspettarsi una notizia ‘cattiva’ – la prospettiva di lunghe e faticose trattative – e una ‘buona’: l’azione di Wilders non sembra aver pagato (è dato in calo da 24 a 21 seggi) e la parte piú consistente dei voti, ultimi sondaggi alla mano, pare ricompattata nell’area "moderata" ed "europeista", espressa dai liberal-conservatori del Vvd di Rutte e dai laburisti del PvdA, guidati dal giovane e carismatico Diederik Samsom. Quest’ultimo, che nella corsa appariva un gregario solo un paio di settimane fa, è riuscito a portare sotto la sua ala lo scontento antieuropeista di sinistra, che nel corso dell’estate era stato intercettato dal socialista Emile Roemer, leader di sinistra "dura e pura", contrario a fare sacrifici per gli "eurocrati" e favorevole invece a una "agenda sociale" da adottare in casa e in Europa. Sono state le performance non brillanti di Roemer nei vari dibattiti televisivi di queste settimane a fargli perdere in fretta il capitale politico potenziale accumulato, a vantaggio dei laburisti di Samsom. Il quale, per converso, è cresciuto grazie a sicurezza e competenza ‘da statista’ mostrate nei tele-dibattiti: proprio ieri ha agganciato Rutte. Oggi un nuovo sondaggio del quotidiano Volkskramt ha sancito un nuovo sorpasso di Rutte, che strapperebbe il primo posto nel gradimento personale degli olandesi al rivale. Ma i due sono appaiati a 35 seggi ciascuno in un parlamento che ne ha 150.
Nei 2-3 mesi di trattative che si prevede seguiranno il voto, il "rigorismo" di Rutte, che ne ha fatto finora il piú fidato alleato di Angela Merkel, dovrà in qualche modo "contemperarsi" con il mix di austerità, con tempi piú dilazionati, e stimolo alla crescita propugnato dal laburista. Una coalizione "viola" (dalla miscela dei due colori) appare quasi inevitabile, bench‚ Rutte continui a ripetere che il sodalizio è "impossibile" e che i laburisti sono un "pericolo". I due dovranno cercarsi almeno un alleato, che – erosi i consensi dei cristiano- democratici del Cda (da 21 seggi a 13) – dovrebbe essere il partito democratico D66 (dato a 11 seggi) di Sybrand van Haersma.
Dunque a Bruxelles possono stare tranquilli? Il problema è solo se l’elettorato olandese, tradizionalmente cagionevole e con una porzione di indecisi fra 30 e 40%, alla fine si indirizzerà nella visione pragmatica dei due partiti maggiori, oppure se nelle ultime ore darà sfogo al mal di pancia. L’area "euroscettica" – quella "sociale", anche se non contraria all’ Ue, di Roemer o quella dura di Wilders (ritorno al fiorino e fuori dall’Ue), allo stato dei sondaggi copre già quasi un terzo dei voti potenziali (28 ai socialisti e 21 al Pvv di Wilders). E l’umore di fondo ha contagiato anche i due partiti maggiori, costretti ad aggiornare programmi, agende, slogan. Perfino il compunto Rutte, che finora è riuscito a far passare in parlamento i "bailout" di Grecia e Portogallo, in un recente dibattito tv è sbottato: "Mai piú un soldo dei nostri contribuenti alla Grecia". Occhi puntati sull’Aja, dunque, tenendo a mente che l’anno prossimo il voto sarà in Germania.
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