"Riina dice che sono come don Pino Puglisi ma io non oso paragonarmi, sono solo un uomo piccolo e fragile. Però io mi riconosco nella Chiesa che immaginava don Pino, una chiesa che interferisce, come l’ha definita un ex mafioso pentito. Una chiesa che accoglie, che tiene la porta aperta a tutti, anche a chi, criminale mafioso, è mosso da un sincero, profondo desiderio di cambiamento, di conversione". Lo afferma don Luigi Ciotti in una intervista a Repubblica commentando le minacce di morte del boss mafioso fatte contro di lui nel 2013 e rese note soltanto ora.
"Solo sabato pomeriggio ne sono venuto a conoscenza – conferma il religioso -. E cioè quando lei mi ha telefonato per informarmi che stava scrivendo un articolo, mi ha spiegato che i magistrati avevano depositato quelle intercettazioni nel processo trattativa. E mi ha anche detto che all’epoca i pm di Palermo avevano subito informato il Viminale, per far scattare le misure di protezione più adeguate. Ma nessuno mi ha avvertito delle minacce di Riina. Lo trovo singolare, mi sembra anche una mancanza di rispetto per i due poliziotti che mi seguono ogni giorno".
Aggiunge inoltre che ieri il primo a telefonargli "di buon mattino, è stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Mi ha ribadito la sua solidarietà e la sua vicinanza". E aggiunge: "Le minacce di Riina sono molto significative ma non temo nulla. Perché quelle parole non sono rivolte solo a Luigi Ciotti, ma a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese. Cittadini a tempo pieno, non a intermittenza. Solo un noi, non mi stancherò di dirlo, può opporsi alle mafie e alla corruzione. Libera è cosciente dei suoi limiti, dei suoi errori, delle sue fragilità, per questo ha sempre creduto nel fare insieme, ho creduto che in tanti possiamo fare quello che da soli è impossibile".
Secondo don Ciotti "le mafie sanno fiutare il pericolo. Sentono che l’insidia, oltre che dalle forze di polizia e da gran parte della magistratura, viene dalla ribellione delle coscienze, dalle comunità che rialzano la testa e non accettano più il fatalismo, la sottomissione, il silenzio. Le minacce di Riina sono la prova che questo impegno è incisivo, graffiante, toglie la terra da sotto i piedi. Però non basta. La politica deve sostenere di più questo cammino. La mafia non è solo un fatto criminale, ma l’effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune. Ci sono provvedimenti urgenti da intraprendere e approvare senza troppe mediazioni e compromessi. Innanzitutto, quelli riguardanti la confisca dei beni, che è un doppio affronto per la mafia, come anche le parole di Riina confermano. Tanto bisogna fare anche contro la corruzione, che è l’incubatrice delle mafie".
Secondo don Ciotti "c’è una mentalità che dobbiamo sradicare, quella della mafiosità, dei patti sottobanco, dell’intrallazzo in guanti bianchi, della disonestà condita da buone maniere. La corruzione sta mangiando il nostro Paese, le nostre speranza". E spiega cose è per lui l’impegno antimafia: "E’ da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, al suo stare dalla parte delle vittime, degli esclusi. Al suo richiamarci a una fame e sete di giustizia che va vissuta a partire da qui, da questo mondo".
Discussione su questo articolo