Roma – Dalla mafia ai Nar, passando per la banda della Magliana. Il triste feuilleton emerso dall’inchiesta Mafia Capitale che in queste ore sta scuotendo i vertici della vita pubblica romana mette in scena un copione già annunciato, nel quale si svela una trama in parte conosciuta, anche se non ancora manifesta.
Fa amaramente sorridere, infatti, lo stupore con il quale alcuni accolgono le notizie sugli appalti truccati e le maxitangenti, mentre era ormai evidente e noto da tempo come alcuni ambienti romani, in particolari quelli legati alla passata amministrazione Alemanno e ai vecchi Nuclei armati rivoluzionari, avessero iniziato a gestire il potere in maniera poco limpida. Ma che cosa sta accadendo realmente a Roma e chi sono gli attori principali in questo teatrino di marionette già viste?
MAFIA CAPITALE Lo scorso 2 dicembre l’inchiesta Mondo di Mezzo, coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone, fa scattare le manette per 37 persone. Altre cento risultano indagate. I reati contestati sono associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio.
Secondo quanto spiega lo stesso Pignatone, già noto per la sua lotta a Cosa nostra a Palermo e alla ‘ndrangheta reggina e il cui arrivo alla Procura di Roma sembra aver segnato il vero punto di svolta, esiste un vero e proprio sistema mafioso, denominato dagli inquirenti Mafia Capitale, che regola e gestisce il funzionamento della vita pubblica e istituzionale romana, capace di infiltrarsi in qualsiasi schieramento politico e in qualsiasi settore possa creare business, a partire dalla gestione dei campi rom e dei centri di accoglienza degli immigrati che, secondo quanto si apprende in una delle intercettazioni, “frutta più soldi della droga”.
Gli inquirenti, infatti, hanno documentato un sistema corruttivo per l’assegnazione di appalti nel settore ambientale e delle politiche sociali e di finanziamenti pubblici dal Comune di Roma e dalle aziende municipalizzate. Appalti per decine di milioni di euro a società collegate a Massimo Carminati. In cambio di appalti a imprese amiche venivano pagate tangenti fino a 15mila euro al mese per anni. Ma anche centinaia di migliaia di euro in un solo colpo.
“Con questa operazione abbiamo risposto alla domanda se la mafia è a Roma. La risposta è che a Roma la mafia c’è”, ha spiegato Pignatone. “Quella di cui stiamo parlando dimostra originarietà e originalità, proprio perché nasce nella capitale e dimostra che le mafie sono cambiate, non ricorrono alla violenza e al controllo del territorio se non è necessario per creare assoggettamento”. “Alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno – ha spiegato ancora Pignatone – sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato, ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni“.
IL RUOLO DI CARMINATI E BURGIA A capo di questa cupola all’ombra del Cupolone Massimo Carminati, detto il ciecato, ex terrorista di estrema destra dei Nar ed ex membro della Banda della Magliana, numero uno dell’organizzazione criminale decapitata dagli uomini del Ros. È lo stesso Carminati a spiegare, nel corso di una telefonata intercettata, che “è la teoria del mondo di mezzo compà. Ci stanno, come si dice… i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo… e allora… e allora vuol dire che ci sta un mondo.. un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano.. come è possibile, che ne so… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi”.
Oltre a tenere le relazioni con altre organizzazioni criminali, Carminati avrebbe disposto liberamente di vari esponenti politici e imprenditori romani, come vanta in diverse intercettazioni, aiutato dal suo braccio destro Riccardo Brugia, altro profilo inquietante in una vicenda che riporta alla luce nodi che ritenevamo ormai appartenenti al passato, come i Nuclei armati rivoluzionari. Secondo l’inchiesta Brugia avrebbe avuto il compito di custodire le armi, la stessa accusa che gli fu mossa nel ’94 quando venne arrestato per omicidio volontario in seguito alla sanguinosa rapina alla banca Commerciale di viale Isacco Newton, in cui perse la vita la guarda giurata Alfonso Tortorella.
ARRESTATI Finiscono così in manette, oltre a Carminati e Brugia, Roberto Lacopo, Matteo Calvio, Fabio Gaudenzi, Raffaele Bracci, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Agostino Gaglianone, Salvatore Buzzi, l’uomo delle cooperative, Fabrizio Franco Testa, ex presidente di Tecnosky, Carlo Pucci, dirigente di Eur Spa, Riccardo Mancini, Franco Panzironi, Sandro Coltellacci, Nadia Cerrito, Giovanni Fiscon, Claudio Caldarelli, Carlo Maria Guarany, Emanuela Bugitti, Alessandra Garrone, Paolo Di Ninno, Pierina Chiaravalle, Giuseppe Mogliani, Giovanni Lacopo, Claudio Turela, Emilio Gammuto, Giovanni De Carlo, Luca Odevaine, ex vicecapo gabinetto della giunta Veltroni. Scattano invece gli arresti domiciliari per Patrizia Caracuzzi, Emanuela Salvatori, Sergio Menichelli, Franco Cancelli, Marco Placidi, Raniero Lucci, Rossana Calistri, Mario Schina.
INDAGATI Tra gli indagati spicca il nome di Gianni Alemanno, ex sindaco della Capitale, che ha lasciato tutti gli incarichi a’interno di Fratelli d’Italia dichiarando: “Chi mi conosce sa bene che organizzazioni mafiose e criminali di ogni genere io le ho sempre combattute a viso aperto e senza indulgenza. Dimostrerò la mia totale estraneità ad ogni addebito e da questa incredibile vicenda ne uscirò a testa alta. Sono sicuro che il lavoro della magistratura, dopo queste fasi iniziali, si concluderà con un pieno proscioglimento nei miei confronti”.
Sul versante del Pd, rientra tra gli indagati anche Mirko Coratti presidente dell’Assemblea Capitolina, che si è subito dimesso così come l’assessore alla Casa Daniele Ozzimo il quale, abbandonando l’incarico, ha dichiarato: “Sono estraneo ai fatti ma per senso di responsabilità rimetto il mio mandato”. Entrambi sono indagati per corruzione aggravata.
Tra le persone sulle quali la procura sta indagando non mancano un consigliere democratico regionale, Eugenio Patanè, per turbativa d’asta e illecito finanziamento, e uno di Forza Italia, Luca Gramazio, per associazione di tipo mafioso, corruzione aggravata e illecito finanziamento. Nel registro degli indagati per associazione di stampo mafioso anche il responsabile della Direzione Trasparenza del Campidoglio, Italo Walter Politano, e il capogruppo di Forza Italia in Campidoglio Giovanni Quarzo.
Non poteva mancare, tra gli evergreen delle inchieste sul malaffare romano, il nome di Stefano Andrini, che già a 18 anni si era beccato una condanna a quattro anni e otto mesi per tentato omicidio. Andrini, che nel suo curriculum vanta anche un passato da naziskin, politicamente legato all’ex ministro Mirko Tremaglia, è stato amministratore delegato dell’Ama nel 2008, costretto poi a dimettersi nel 2010 quando emerse il suo coinvolgimento nella candidatura del senatore Nicola Di Girolamo, ex missino, eletto all’estero col Popolo della libertà e arrestato per rapporti con la ‘ndrangheta.
Di Girolamo, a sua volta, era molto vicino a Gennaro Mokbel, imprenditore romano legato ad Antonio D’Inzillo, considerato l’omicida del boss della Magliana Enrico De Pedis.
Tra le persone non indagate, ma in qualche modo tirate in ballo dall’inchiesta, anche il ministro del Lavoro Poletti, che appare nella foto di una cena alla quale erano presenti sia un esponente dei Casamonica che lo stesso Buzzi, e il vicesindaco Luigi Nieri che, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, avrebbe un rapporto di amicizia e stima con il boss, Salvatore Buzzi.
SALVATORE BUZZI E I CAMPI ROM Oltre a Carminati e Burgia, appare centrale la figura di Salvatore Buzzi, uomo di sinistra e numero uno della cooperativa 29 giugno, appartenente all’universo Legacoop. È a lui che Carminati, dopo l’insediamento della nuova giunta Marino, detta al telefono: “Bisogna vendere il prodotto amico mio, eh. Bisogna vendersi come le puttane adesso… e allora mettiti la minigonna e vai a batte co’ questi amico mio, eh… capisci”.
Condannato negli anni ’70 e ’80 per omicidio, Salvatore Buzzi esce dal carcere e inizia a costruire un impero con le cooperative, grazie alla contiguità con Carminati e alla capacità di intrecciare relazioni sia a destra che a sinistra. La cooperativa 29 Giugno e il consorzio Eriches 29 sono le sue creature più conosciute, che fatturano oltre 50 milioni di euro, tanto da far esclamare a Buzzi: “Tu c’hai idea di quanto ce guadagno dagli immigrati? Il traffico di droga rende meno”.
Significativo in questo senso il caso del campo rom di Castel Romano, del quale la coop 29 giugno prende l’appalto per gestione e lavori di ampliamento, nel 2012. Secondo quanto si legge nell’ordinanza, il sodalizio diretto da Massimo Carminati aveva acquisito un appalto per l’ampliamento e la gestione del villaggio attrezzato attraverso la cooperativa ATI 29 Giugno tramite i corrotti della pubblica amministrazione. A occuparsi delle pratiche è Emanuela Salvatori, la responsabile comunale per l’attuazione del piano nomadi, ora nella lista degli indagati a piede libero per corruzione aggravata, accanto ad Angelo Scozzafava, direttore del V Dipartimento, anche lui indagato.
A quanto emerge dalle 1200 pagine di ordinanza del Gip, la Salvatori avrebbe instaurato nel tempo una collaborazione diretta con Buzzi, in cambio "dell’assunzione della figlia, Chiara Derla, in uno dei soggetti economici" coinvolti. Firma relazioni per aumentare il numero degli ospiti nel campo, "tentando di far quadrare i numeri", e in accordo con Sandro Coltellacci, collaboratore di Buzzi, intercede per la 29 Giugno nelle pratiche relative al campo. Anche Scozzafava aveva il compito di spingere su finanziamenti a favore del campo nomadi. Troviamo poi il nome di Antonio Gaglianone, imprenditore che guidava i lavori, "nonostante dal cartello di cantiere non risultasse averne la titolarità", "sotto la continua ingerenza di Massimo Carminati e interfacciandosi con la committenza, nella persona di Salvatore Buzzi".
NUOVE INDAGINI, VECCHI NOMI L’inchiesta Mondo di Mezzo riporta però a galla nomi già noti nel panorama giudiziario romano a cominciare da quello di Franco Panzironi. Ex Dc, il ministro Alemanno lo nominò segretario generale dell’Unire, ruolo che gli costò un’indagine per abuso d’ufficio per una maxi consulenza da 60 mila euro a un ex deputato di Alleanza nazionale, Alessandro Galeazzi.
Il nome di Panzironi, però, è legato all’immaginario collettivo da un altro scandalo più recente, quello di Parentopoli. Già segretario generale di Nuova Italia, la fondazione di Alemanno che ebbe un ruolo chiave nella campagna elettorale per il Comune e che viene più volte citata nelle intercettazioni, Panzironi fu nominato amministratore delegato dopo essere stato direttore generale di ‘Lavoro temporaneo spa’, un’agenzia interinale poi confluita in ‘Obiettivo Lavoro’ che nel gennaio 2010 vinse la gara per selezionare personale per la ex municipalizzata dei rifiuti. Per la procura romana lui e altri sette avrebbero pilotato 841 assunzioni avvenute tra la fine del 2008 e il 2009. Nel 2010 si dimise da Ama, ma ha mantenuto la presidenza della controllata Multiservizi.
Tra gli arrestati anche Riccardo Mancini, che nell’inchiesta appare come il pubblico ufficiale a disposizione dell’organizzazione, garante dei rapporti con l’amministrazione di centrodestra. Alemanno lo aveva nominato amministratore delegato di Eur Spa nel luglio 2009 e nel 2011 venne coinvolto nell’inchiesta per una presunta mazzetta da 600mila euro versata da Breda Menarinibus, azienda del gruppo Finmeccanica, per aggiudicarsi la fornitura di 45 filobus al Comune di Roma. Il rinvio a giudizio, deciso dal gip di Roma Massimo Di Lauro, a gennaio 2013 lo ha portato al processo fissato per febbraio 2016.
TARIFFARIO E GIRO D’AFFARI Secondo quanto è stato calcolato finora, il meccanismo guidato da Carminati avrebbe creato un fatturato da 200 milioni di euro l’anno, numeri che si ottengono sommando tutti gli introiti derivanti dai vari appalti e le spese per il ‘foraggiamento’ di politici e imprenditori accondiscendenti. A cedere per prima, proprio in queste ore, è la segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito, che ha svelato l’esistenza di un vero e proprio libro nero contenente tutti i nomi dei politici e dei professionisti ai quali l’organizzazione passava una somma mensile, come nel caso di Odevaine, oppure offriva favori e servigi.
Franco Panzironi, ex ad della municipalizzata Ama, riceveva, per sé e per la fondazione Nuova Italia, utilità consistenti in una costante retribuzione, di ammontare non ancora determinato, dal 2008 al 2013 e a partire da tale data pari a 15mila euro mensili.
Stipendio fisso anche per il braccio operativo in Eur Spa Carlo Pucci, dirigente speciale che, dopo aver dato un appalto alle cooperative di riferimento, riceverà la somma di 5mila euro mensili oltre la somma di 15mila euro una tantum.
Non solo soldi, c’è anche chi pensa alla famiglia. Emanuela Salvatori, responsabile dell’attuazione del Piano Nomadi di Castel Romano, ottiene l’assunzione della figlia, Chiara Derla mentre per Angelo Scozzafava, direttore del dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della salute del Comune di Roma, c’è la promessa dell’assegnazione di un appartamento in una cooperativa.
CAPITALE COMMISSARIATA? E dopo il Pd romano, commissariato per decisione del premier Matteo Renzi e affidato alla gestione di Matteo Orfini, ora c’è anche chi invoca la stessa misura per il Campidoglio. È il Movimento5stelle a chiedere lo scioglimento dell’attuale giunta ma, come risponde il presidente del Senato Pietro Grasso, “per sciogliere un Comune ci vuole ben altro”. Il prefetto Pecoraro, che insieme al ministro Alfano sta valutando l’ipotesi dello scioglimento: “Per Marino stiamo valutando l’ipotesi della scorta, nelle intercettazioni sono emerse minacce a suo carico”. Ipotesi che il sindaco sembra aver rispedito al mittente.
In ogni caso l’Amministrazione Marino non esce completamente indenne da tutta questa situazione, visto il coinvolgimento di alcuni nomi importanti del Comune di Roma, sia della politica che della struttura amministrativa. Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio, uomo di destra, commenta: “Forse non si sono resi conto che i romani hanno il vomito. I romani pagheranno sulla propria pelle la gogna cui saranno sottoposte tutte le Istituzioni cittadine. Il Prefetto faccia definitivamente scendere dalla bicicletta Ignazio Marino e il Pd non peggiori ulteriormente la sua labile posizione”.
Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, spiega: "Il commissariamento del Comune di Roma è un procedimento molto complesso e bisogna andarci con i piedi di piombo" e "l’attitudine del governo non è quella di punire una città, ma dev’essere quella di aiutare le forze dell’ordine e la magistratura a far sì che vengano puniti i colpevoli".
Si fa sentire anche Silvio Berlusconi. Secondo il leader di Forza Italia, “di fronte alla situazione che sta emergendo nell’inchiesta sulla gestione del Comune di Roma, le forze politiche devono reagire”. L’ex premier è convinto che l’unica soluzione accettabile “sia quella di uno scioglimento immediato del Consiglio Comunale, procedendo conseguentemente all’immediata convocazione di nuove elezioni. Tutte le altre soluzioni prospettate in queste ore, compresa quella della nomina di un commissario, non mi sembrano ne’ adeguate ne’ percorribili. Le forze politiche debbono in questo caso saper dare un segnale preciso non ricandidando tutti coloro che sono coinvolti, a qualsiasi livello, in questa vicenda”.