Non ci sono fiori ne’ lacrime ad accompagnare questo corteo funebre nel blu, solo silenzio e vento. La Concordia se ne va per sempre e a guardarla dagli scogli delle Scole dove Schettino la porto’ per condannarla a morte, torna in mente quella notte di gennaio senza stelle, quando il pianoforte suonava e la gente rideva nei saloni illuminati prima che il destino si compisse.
Sono le 11 in punto di uno strano mattino di un luglio che sembra maggio, quando suonano le sirene delle barche e una cascata d’acqua sparata dai manicotti antincendio di un rimorchiatore salutano il mostro che parte per il suo ultimo viaggio. Il cocchiere Nick Sloane, lassu’ sul tetto della nave, da’ l’ordine ai cavalli Blizzard e Resolve di tirare e quei due non se lo fanno ripetere due volte, dopo giorni d’attesa. Cosi’ la Concordia non e’ piu’ un relitto spiaggiato e non e’ ancora un ammasso di ferraglia da smantellare per ridare ossigeno ad una Genova che l’attende a braccia aperte sperando di scacciare gli effetti della crisi anche se sa che non e’ vero: e’ una nave che sa di dover morire presto, e’ un malato terminale che esala l’ultimo respiro e lo fa a casa sua, in quel mare blu che avrebbe dovuto essere il suo compagno di vita, la sua culla e il custode dei suoi segreti.
Se ne va come una scostumata che non si volge indietro neanche una volta per salutare il suo amante, se ne va per la stessa strada che avrebbe dovuto fare allora, se non ci fossero stati inchini e meschinita’. Ed e’ bello, vederla navigare. Anche se a spingerla avanti non sono le sue forze ma la potenza di due rimorchiatori, anche se dalle finestre delle cabine si affaccia solo il buio, anche se quella fiancata di dritta frantumata come dopo un bombardamento ricorda a tutti l’orrore.
E’ bello perche’ c’e’ modo e modo per morire. E’ bello perche’ questa cosa qui l’hanno voluta piu’ di tutti gli italiani, per rimediare come una follia meravigliosa alla scelleratezza di un loro compatriota. Bastano sette ore di viaggio e il Giglio visto dal mare – a bordo di una barca che affianca il relitto – e’ un puntino verde adagiato sotto un cielo azzurro striato di nuvole. Ma e’ soprattutto il ricordo di una storia di odio e d’amore, perche’ tutti sull’isola quella maledetta nave prima l’hanno odiata, poi l’hanno amata, poi ci si affezionati come capita tra ex fidanzati, poi l’hanno odiata di nuovo e oggi l’hanno salutata come si salutano le persone che si sono amate e che e’ giusto vadano via.
Quando scende l’imbrunire il corteo funebre ha gia’ percorso una quindicina di miglia e ha dritto negli occhi lo scoglio di Montecristo e alla destra l’isola d’Elba che lo protegge dai venti di maestrale. Il mare cala e sotto la prua della Concordia si alzano piccole onde di schiuma bianca che, a forza di sbattere, lavano via quel marciume marrone che la rendeva ancora piu’ spettrale. Piu’ triste e maledettamente morta. Accanto e sopra di lei un piccolo esercito di barche, barchini, chiatte, elicotteri ed aerei assicura che nessuno, ma proprio nessuno, possa interrompere quest’ultimo incontro tra la nave e il mare.
La zona rossa di 3 miglia e’ in realta’ un cuscinetto, un tratto di blu a protezione di una storia e di una tragedia che devono concludersi come previsto senza che nulla possa costringere a riscrivere il finale. Il viaggio per Genova e’ lungo, molto lungo, soprattutto per chi puo’ esser solo accompagnato. Le nuove luci montate sui ponti della Concordia si accendono con l’arrivo della sera e davvero adesso in mezzo al Tirreno non e’ piu’ luglio ma e’ quel 13 gennaio.
A vederla da lontano quasi non si scorge la differenza tra allora e oggi pur sapendo bene che allora c’erano migliaia di persone, migliaia di sogni, vite, speranze, frustrazioni, invidie, amori, passioni e oggi c’e’ solo il silenzio della morte. Ma il suono dolce del mare rende tutto diverso e allora questo silenzio e’ quello del dolore e del rispetto che si deve alle 33 vittime innocenti. Ed e’ il silenzio che forse custodisce Russel Rebello, l’ultima vittima che la Concordia non ha mai restituito. E allora e’ bello pensare che questo non sia il corteo funebre di una nave ma il piu’ grande omaggio a Russel.
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