Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Dopo mesi di azioni contrarie agli interessi degli italiani nel mondo (pensiamo per esempio alla chiusura di decine di ambasciate, consolati, Comites e istituti di cultura, o alle nuove tasse imposte ai connazionali), i deputati Pd eletti oltre confine, che fino a ieri hanno dedicato litri e litri di saliva al presidente del Consiglio Matteo Renzi e ai suoi ministri, scendono dal pero e in una nota congiunta di fatto bacchettano il governo, che ha previsto nella legge di stabilità ulteriori tagli al mondo dell’emigrazione.
Così Farina, Fedi, La Marca, Porta e persino Laura Garavini, la più renziana di tutti, quella che di fronte al proprio leader si è sempre sdraiata, hanno preso carta e penna e hanno vergato un comunicato pieno di critiche nei confronti dell’esecutivo guidato dal segretario del partito a cui appartengono.
In sintesi, i deputati Pd criticano con forza “la riduzione del 22% della dotazione per i corsi di lingua e cultura italiana all’estero”, una riduzione, a loro dire, “sbagliata e insostenibile”, visto e considerato anche che negli ultimi sei anni “questa voce ha già subito tagli per il 75% ed ha toccato da tempo il limite di emersione”. Bacchettata numero uno.
Un’altra potenziale lesione della condizione delle comunità italiane oltre confine e della stessa credibilità del Paese, per Garavini e compagni “è quella legata alla pesante riduzione del fondo per i Patronati”. Bacchettata numero due.
“Un altro punto sul quale si evidenzia una stridente contraddizione tra obiettivi e scelte d’investimento è quello riguardante l’internazionalizzazione”, scrivono i dem. “La riduzione del 50% dei fondi destinati alle Camere di commercio rischia di determinare la rottura di un equilibrio che finora è andato a tutto vantaggio del sistema delle imprese italiane”. E’ quindi necessario, aggiungono, “evitare di fare passi inopportuni e difficilmente recuperabili”. Bacchettata numero tre.
Tre bacchettate, o meglio, tre bastonate con cui gli eletti alla Camera con il Partito Democratico colpiscono con forza il governo. Da notare, tuttavia, una cosa: come al solito, questi sinistroidi difendono lo status quo. Altro che rinnovamento. Stanno difendendo i propri interessi. Da che parte stanno, infatti, i patronati? Dalla loro, tutti schierati a sinistra. Da che parte stanno gli enti gestori che si occupano di lingua italiana? Dalla loro, tutti schierati a sinistra. Le Camere di commercio? Tutte (o quasi) di sinistra. Insomma, questi geniacci vorrebbero dimostrare di avere il coraggio di criticare il governo rappresentato dal proprio segretario di partito, ma la verità è che difendono solo i propri serbatoi di voti.
Per la cronaca: per quanto riguarda enti gestori e patronati, condividiamo in pieno le decisioni del governo. Troppo a lungo questi organismi hanno campato grazie ai contributi dello Stato e dei lavoratori, per troppo tempo hanno dimostrato di essere enti nebulosi e poco trasparenti. E’ ora di darci un taglio. I piddini chiedono al governo di ripensarci, ma forse non hanno seguito le recenti dichiarazioni del premier, il quale ha assicurato: sulla legge di stabilità non trattiamo con nessuno. Ovvero, la musica è finita. Lo sanno persino Garavini, Porta, Fedi e tutti gli altri, ma hanno voluto issare per un attimo la bandiera della protesta, che – ne siamo certi – verrà ammainata prima possibile. Per non dare fastidio, per garantirsi il proprio futuro politico, per non correre il rischio di perdere quella poltrona sulla quale le loro onorevoli natiche sono appoggiate.