In Europa e nei paesi del Nordafrica vicini della Libia monta la pressione per un intervento militare della comunita’ internazionale. Il rischio di una "grande Somalia" ai bordi del Mar Mediterraneo evocato dal geopolitico italiano Lucio Caracciolo all’epoca dell’intervento internazionale del 2011 e’ ormai diventato realta’; e nessuno si fa illusioni sulle chance del mediatore dell’Onu Bernardino Leon di arrivare a pacificare e stabilizzare la Libia. Tuttavia l’idea di un nuovo intervento militare internazionale difficilmente passerebbe al Consiglio di sicurezza dell’Onu, innanzitutto per le attuali cattive relazioni tra l’Occidente e la Russia a causa della crisi ucraina. Per ora solo l’Italia si e’ spinta ad evocare apertamente un possibile impegno nel paese magrebino: secondo il corrispondente da Roma del quotidiano francese "Libe’raton", E’ric Jozsef, il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta infatti preparando l’opinione pubblica del suo paese ad un intervento militare che vedrebbe l’Italia in prima fila; e questo nonostante le forti resistenze dell’opposizione del Movimento 5 stelle e dell’ala sinistra del suo stesso Partito democratico.
Dopo le dichiarazioni degli scorsi giorni del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che per primo aveva evocato la possibilita’ di un intervento in Libia per frenare l’avanzata dello Stato islamico, e quelle del ministro della Difesa Roberta Pinotti che domenica si era spinta ad ipotizzare l’invio di un contingente di oltre 5 mila militari, ieri tuttavia Renzi ha dovuto frenare: "In ogni caso bisogna attendere che si pronunci il Consiglio di sicurezza dell’Onu", ha detto.
Intanto l’Italia ha chiuso la sua ambasciata a Tripoli ed evacuato i suoi cittadini dalla Libia. In un editoriale, "Libe’ration" mette in guardia dal ripetere gli errori del 2011: quell’intervento militare, seppure sotto l’egida dell’Onu, mancava di una chiara visione di cosa fare nel paese nordafricano dopo la cacciata di Gheddafi ed il risultato e’ il disastro attuale, con la Libia nel caos e i jihadisti dello Stato islamico che minacciano di creare un califfato ad appena 350 chilometri dalle coste italiane. Non si puo’ far finta di nulla, sostiene l’autrice dell’editoriale Alexandra Schwartzbrod; ma se ci dovra’ essere un nuovo intervento come chiedono soprattutto l’Italia e l’Egitto, e’ bene che esso sia condotto su basi legali incontestabili, con l’appoggio dei paesi arabi e musulmani e soprattutto con una chiara soluzione politica per l’avvenire.
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