Sempre più difficile trovare lavoro per i giovani italiani, e sono sempre più numerosi tra loro quelli che, pur avendo trovato lavoro, lo hanno perso negli ultimi mesi di schiacciante crisi economica. Se è vero come è vero che il 2012 sarà un anno di recessione per l’Italia, le previsioni per l’occupazione giovanile non danno alcuna speranza.
I sindacati proteggono chi è già nel mondo del lavoro da una vita, quelli che appartengono ad un mondo vecchio, e non solo anagraficamente. Sono un esercito di iscritti, per amore o per forza.
Le nuove generazioni invece non hanno nessuno a cui appoggiarsi, se non le proprie famiglie, se non la loro stessa caparbietà. Ma le cose dovranno pure cambiare. Il tempo passa inesorabilmente per tutti e l’Italia se vorrà andare avanti dovrà pur rinnovarsi.
Il nostro Paese è uno dei più vecchi d’Europa e nei prossimi anni sarà sempre più forte il gap tra le generazioni. I padri si sono mangiati il futuro dei figli negli anni delle pensioni baby, dei botpeople con interessi a due cifre, dei governi buonisti e di uno Stato-mamma. Oggi i giovani ne pagano le conseguenze. Il debito pubblico e le enormi spese dell’amministrazione statale hanno prodotto lo sfascio del sistema economico: troppo sbilanciate le uscite rispetto alle entrate. Tantissimi giovani devono accontentarsi, pur di campare, di lavori precari, malpagati, spesso in nero. Cosa dovrebbero fare, rinunciare ad un lavoro se non è in regola? E come si paga l’affitto se si vuole uscire dalla casa di famiglia? E poi parliamo di mammoni e fannulloni.
In tutto questo, paradossalmente, ci sentiamo di offrire ai giovani una possibile consolazione. Cari giovani, chissà che invecchiando, anche per noi, che oggi abbiamo 20, 30 anni, oltre alle pance gonfie e alle teste calve si possa avere anche un qualche lavoro, in un’Italia in cui essere giovani è considerata una malattia da cui si guarisce col tempo. Altro che senectus morbus di ciceroniana memoria: per noi invecchiare è ormai diventata l’ultima speranza.
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