Questa volta i tecnici si sono impegnati. 20 miliardi in tre anni e complessivamente 30 miliardi a regime, di cui 12 miliardi per tagli alla spesa e 18 di nuove entrate. Non sarebbe bastato un comune Ragioniere a portare la pressione fiscale ai massimi storici con una infinità di nuovi balzelli, invece di chiamare un lauto ex commissario europeo figlio della Goldman Sachs e Presidente della Bocconi?
La domanda è lecita ma il nostro "Preside del Consiglio" ha dichiarato, a fronte di provvedimenti lacrime e sangue, di rinunciare al compenso da Premier e Ministro dell’Economia come a dire: Mal comune mezzo gaudio. Ma non credo che gli italiani si sentano sulla stessa barca del professore, pure lei (la barca) uscita maggiormente tassata dalla manovra.
Scorrendo i provvedimenti uno ad uno, non si scorge nessun punto che sia di netto favore alla crescita dell’Economia e che possa dare respiro ai Consumi in forte sofferenza in questo periodo storico. Aumenta l’addizionale Irpef applicabile dalle regioni, ci sono tasse sul lusso (barche, aerei, auto), nuove accise sulla benzina (non abbiamo già un cuneo fiscale elevatissimo sull’oro nero?), tracciabilità per i pagamenti dai mille euro in su, estensione del bollo sui conti correnti ai conto titoli e polizze vita. L’1,5% di tassazione una tantum sui capitali scudati, ovvero quelli rientrati con lo scudo fiscale varato da Giulio Tremonti (questo provvedimento potrebbe essere incostituzionale visto che si dichiarava "risolta" la posizione fiscale di quei contribuenti), e c’è il contributo di solidarietà per le pensioni più ricche.
Se ci sono molti provvedimenti ma poca (buona) sostanza, ancora meno troviamo nel settore "crescita", a meno che non si possegga una Banca. Già, perché il Super Ministro Passera ha elogiato la misura che prevede la garanzia dello Stato sulle passività bancarie con scadenza a tre mesi estendibile a 5 anni, con la possibilità di trovare i farmaci di fascia C (quelli a pagamento) nei supermercati, il bonus energia e la rinascita dell’ICE (Istituto per il Commercio Estero), ente soppresso dal governo Berlusconi. L’unico provvedimento degno di nota in questo capitolo è la totale deducibilità dell’Irap.
Particolare non minore, l’ipotesi di una IVA ordinaria al 23% dal 1 settembre 2012, per delega fiscale se la manovra non dovesse avere saldi allineati, che si traduce nell’ultimo colpo inferto ai consumi (dopo l’aumento tremontiano dal 20 al 21%) che ridurrà ancora di più la mole dei consumatori con un impatto devastante sul già precario equilibrio economico. E’ risaputo infatti che con una contrazione della domanda ci saranno sofferenze nella struttura di offerta alimentando il circolo vizioso per cui la forza lavoro inevitabilmente si contrarrà ancora di più.
Infine il nodo pensioni, che è quello che ci ha mostrato il volto umano del governo, quello passionale e non tecnico del ministro Fornero col groppo in gola e le lacrime a rigarle viso. Dal 1 Gennaio 2012 sparisce il sistema delle quote (età anagrafica + anni di contribuzione) e la pensione di anzianità, che da oggi prenderà il nome di pensione anticipata. D’ora in poi la quiescenza per gli uomini è fissata a 66 anni e per le donne a 62, che raggiungeranno l’altro sesso nel 2018 con l’equiparazione delle età, eliminata com’è la possibilità d’uscita a qualunque età per chi ha maturato 40 anni di contributi. Per avere lo stesso servigio serviranno 42 anni e 1 mese per gli uomini, 41 anni e 1 mese per le donne. Chi vorrà uscire dal mondo del lavoro prima di avere maturato questi requisiti dovrà pagare una penale, mentre sono previsti incentivi per chi prorogherà la sua permanenza attiva fino ai 70 anni. Dulcis in fundo, il diritto all’assegno si matura dopo almeno 20 anni di contributi.
Questo è il succo della manovra economica che l’Unione Europea ha accolto con scroscianti applausi, questi sono i provvedimenti che hanno portato lo spread a 398 punti base segnando un rialzo di 2,5 punti percentuali a Piazza Affari. Abbiamo avuto, se servisse, l’ennesima conferma che il mercato finanziario e la plutocrazia non hanno alcuna finestra sul Mondo reale, quello della gente che lavora, produce e crea ricchezza, una ricchezza tangibile e non volatile e deleteria come quella a cui oggi l’Europa guarda.
Stiamo sacrificando il nostro futuro, la nostra crescita e l’interesse Nazionale a favore di un bivacco di manipoli che, in nome e per conto di stantie Autorità Sovranazionali, portano via ricchezza positiva a favore della stabilità di una finanza destrutturante e distruttiva. Il nostro Parlamento, sordo e muto, è il complice maggiore dell’Alto Tradimento allo Stato (sovrano?) Italiano.
Veniamo allo zoccolo duro della manovra. Innanzitutto l’ICI adesso IMU, (Imposta Municipale Unica), che accorperà tutte le varie imposte sulla casa incluso l’obolo per la nettezza urbana, prevedendo un introito nelle casse dello Stato per oltre 11 miliardi di euro. Esatto, dello Stato e non più dei Comuni. Quando fu studiata l’IMU dal Governo Berlusconi a partire dal 2014 (ora scatterà dal 2012) prevedeva che le risorse raccolte da questa tassa fossero destinate ai comuni e quindi come cuore pulsante del federalismo, ma soprattutto era esente l’ICI sulla prima casa che oggi torna e torna anche in modo più pesante per le tasche dei cittadini. Infatti la vera beffa è l’aumento del 60% degli estimi catastali su cui si calcola il prelievo, in modo tale da avvicinare la rendita al valore di mercato. Una tassazione non solo ingiusta ma assolutamente iniqua, perché è puramente virtuale il reddito prodotto da una casa e, se la memoria non inganna, nel 2008 lo stesso Popolo della Libertà che oggi appoggia questo provvedimento parlò di "diritto alla prima casa non come bene di lusso ma come focolare della famiglia e bene di prima necessità". E’ necessario quindi sapere cosa mai sarà cambiato in questi ultimi tre anni. Nessuna cifra certa, ma il prelievo dovrebbe essere dello 0,4% sulla prima casa e 0,76% per le seconde e terze.
Per quel che concerne i tagli alla spesa troviamo la riduzione agli enti locali (Comuni, Province e Regioni) dei trasferimenti per 5 miliardi, l’eliminazione delle giunte provinciali e riduzione del numero dei consiglieri a 10 unità, i membri delle authority saranno ridotti da 50 a 28, vietati i doppi stipendi per ministri e sottosegretari e il blocco delle rivalutazioni inflattive per le pensioni di importo superiore ai 960€ mensili.
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