Pubblichiamo l’intervento del Sen. Claudio Micheloni, Pd, pronunciato questa mattina in Aula del Senato nel corso del dibattito sulla riforma costituzionale, prima del voto degli emendamenti che avrà inizio nel tardo pomeriggio. In questo intervento il Senatore ha ribadito l’importanza del Collegio estero, ricordando l’apporto degli emigranti allo sviluppo economico dell’Italia, e ha fortemente stigmatizzato gli emendamenti presentati in Senato per sopprimere il voto degli italiani all’estero.
Signor Presidente, ho chiesto di intervenire nel dibattito generale per due motivi. Innanzitutto, perché il testo approvato dalla Commissione propone la riduzione del numero dei parlamentari del collegio estero, una scelta che condivido ma che mi appare poco applicabile nelle modalità riportate nel testo. Per questo motivo ho presentato tre emendamenti, su cui vorrei attirare l’attenzione del relatore Vizzini, uno dei quali contiene un ragionamento di fondo, ossia che i parlamentari eletti nel collegio estero siano integrati nel numero complessivo dei parlamentari del Parlamento italiano. Nello specifico, nell’emendamento chiedo che se il numero totale dei senatori ammonta a 250, i senatori eletti nel collegio estero siano compresi in tale numero. Dunque, diamo un ulteriore contributo alla riduzione. Spero che in Aula almeno uno di questi emendamenti verrà accolto. Il motivo principale che mi ha indotto ad intervenire è che sono stati presentati circa 15 emendamenti con cui si chiede la soppressione del collegio estero. Caro Presidente, non sono scandalizzato o sorpreso da questi emendamenti, me li aspettavo e trovo tre motivi alla base della loro presentazione. Probabilmente il primo è legato agli scandali che abbiamo vissuto, uno dei quali anche qui in Aula, e riguarda Di Girolamo, che sappiamo come è finito. Però, come ho avuto occasione di dire più volte, questi scandali hanno tutti origine in Italia, cioè, scaricano sulla comunità italiana all’estero responsabilità che non sono sue. È evidente l’origine italiana del caso Di Girolamo. Abbiamo fatto una votazione relativa al senatore De Gregorio la settimana scorsa e sulla stampa italiana si è collegato questo senatore alle comunità italiane all’estero semplicemente perché lui si è costruito un partito che si chiama Italiani nel Mondo. Questo signore con gli italiani nel mondo non ha nessun rapporto. E’ invece da ricollegare alla peggiore politica italiana, quella che si costruisce strumenti di potere appena c’è una novità legislativa. Appena si creò il collegio estero i signori furbi formarono un partito che portava il nome degli italiani all’estero, senza nessun collegamento con noi. Dunque, gli italiani all’estero sono vittime di questi scandali e di questi problemi. Un secondo motivo che trovo alla base di questi emendamenti soppressivi è da rintracciare probabilmente nel fatto che noi diciotto parlamentari eletti nella circoscrizione Estero (6 senatori e 12 deputati) in queste legislature non abbiamo brillato per le nostre attività e le nostre azioni. Non do lezioni a nessuno, mi prendo la mia quota di responsabilità: probabilmente abbiamo sbagliato ad integrarci eccessivamente nella politica e nei metodi di lavoro italiani, non facendo leva sulle nostre esperienze fatte in altre culture politiche e in altri Paesi. Il terzo motivo è quello che mi preoccupa di più e già nel 2007, nella mia prima legislatura in questo Senato, ho avuto modo di affermarlo: la visione estremamente provinciale della politica che vive nelle Aule del Parlamento italiano. Lo dissi all’epoca e lo riconfermo oggi. Sono rimasto veramente scioccato dall’assenza di senso di appartenenza e di senso dello Stato che ho trovato in quest’Aula; trovo invece una somma di interessi locali o particolari di settore della nostra società, ma non trovo la capacità di fare sintesi. Se queste sono allora le motivazioni, io chiedo a quest’Aula di riflettere e di respingere seriamente questi emendamenti soppressivi. I problemi degli scandali e delle difficoltà si possono affrontare con la riforma della legge elettorale della circoscrizione estero. Anche qui vorrei ricordare al presidente Vizzini che nella sua Commissione sono incardinati i lavori per la riforma di questa legge, che può e deve camminare indipendentemente dalla legge nazionale. Per quanto riguarda le obiezioni, in Commissione ho sentito affermazioni veramente poco piacevoli durante il poco tempo nel quale ho potuto assistere ai lavori, come, ad esempio: «Gli italiani all’estero non pagano le tasse». Detto da un Paese che nel dopoguerra si è costruito e si è sviluppato con il lavoro e le rimesse degli italiani all’estero mi sembra veramente qualcosa di difficilmente sopportabile. Questa è la realtà della nostra storia economica: gli italiani all’estero hanno contribuito e contribuiscono in modo determinante all’economia di questo Paese. Voglio qui riprendere un dato che credo di aver già citato in quest’Aula. L’onorevole Tremaglia, quando era deputato, fece fare uno studio sull’indotto che gli italiani all’estero producono per l’economia italiana. Guardate, quel dato non lo voglio più utilizzare, perché la cifra era così astronomica che ho chiesto chiarimenti a vari istituti e al Comitato per le questioni degli italiani all’estero qui in Senato, che ha dato un incarico per fare un ulteriore studio, ma è impressionante la cifra dell’indotto economico che rappresentiamo per questo Paese.
Ho portato una volta l’esempio dei nostri emigranti che si trovano in paesi europei e che tonano in Italia una volta andati in pensione. Solo loro fanno entrare nel nostro paese 5 miliardi di euro all’anno di pensioni versate dalle casse statali di sei Paesi europei. Potrei dire tante altre cose: l’IMU la paghiamo e paghiamo addirittura la tassa sui rifiuti per un anno quando viviamo tre settimane in una casa. Dunque, ritengo stucchevole questo argomento. Questo Paese e questa politica non sono stati invece capaci di cogliere l’opportunità che rappresentava il collegio estero, di cogliere l’opportunità dello strumento che può rappresentare per la politica di questo Paese, per la politica internazionale, per lo sviluppo economico, per la promozione del nostro Paese. Per la mia funzione, passo tre giorni qui a Roma, altri tre giorni li passo in giro per il mio collegio e per l’Europa. Per questo mi capita di incontrare molti colleghi di altri Paesi e posso affermare che le altre politiche ci invidiano questa nostra presenza all’estero, numerica e qualitativa, e noi questo non lo abbiamo percepito. La politica italiana, i partiti italiani, chiusi nei loro particolarismi, non hanno percepito questa opportunità e noi, 18 parlamentari all’estero, non siamo stati capaci di trasmetterla; dunque è una responsabilità comune. Pensare che sia banale che il Presidente del Governo belga sia il figlio di un minatore abruzzese, rimasto legato alla nostra comunità, a me appare un ragionamento un po’ primitivo; ma questo è il dato di fatto di oggi. Ritenere che sia insignificante che oltre 400 deputati e senatori di Camere delle democrazie di tutto il mondo siano figli di italiani, e che questi non sono strumento di promozione di una politica internazionale italiana, mi appare un discorso alquanto superficiale. Queste cose – ripeto – altri Paesi ce le invidiano e noi invece banalizziamo questo strumento, questa potenziale risorsa dell’Italia. Passo ad un altro argomento: ci viene detto che solo noi italiani abbiamo questo sistema di rappresentanza. Per una volta anche i francesi hanno copiato l’Italia; non so se nella storia – bisognerebbe fare una ricerca – è già successo un’altra volta. Domenica scorsa e domenica prossima votano i francesi all’estero (non i territoires d’outre-mer, quello lo fanno da sempre), che sono meno della metà di noi, ed eleggono adesso 11 deputati. Il sistema di rappresentanza delle comunità italiane all’estero, il sistema italiano viene copiato da altri Paesi in quanto loro fanno quel ragionamento di valorizzazione di cui parlavo prima dello strumento della politica; e noi invece stiamo distruggendo questo sistema di rappresentanza. Vorrei fare ancora poche considerazioni, se me lo concede, Presidente, visto che tanto il collegio scomparirà e dopo non disturberemo più. È stato anche detto in Commissione che probabilmente non si è visto abbastanza impegno politico dei parlamentari del collegio estero. Su questo punto permettetemi di ricordare tre fatti. Abbiamo un grande problema di raccordo con le infrastrutture tra la Svizzera e l’Italia. Su questo tema il collega Narducci e il sottoscritto abbiamo organizzato alla Camera dei deputati un incontro tra i due Paesi (all’epoca era Ministro il collega Castelli, che partecipò a quell’incontro) per cercare di aprire un dialogo per affrontare alcuni problemi, i problemi che interessano l’Italia, nel caso particolare il porto di Genova, l’arrivo delle grandi linee ferroviarie dal Nord, che arriveranno in un imbuto italiano. Inoltre il 16 settembre proprio qui in Senato (e ringrazio il presidente Dini e il collega Morando, che ci ha dato un grande aiuto) abbiamo fatto venire il Senato svizzero. Ci siamo incontrati con le banche per fare quello che si è messo in moto adesso. Due anni di lavoro parlamentare per riprendere il dialogo tra Svizzera e Italia. Se tutto va bene, alla fine dell’anno avremo concluso un accordo fiscale con quel Paese che banalmente permetterà non di fare un condono, ma di tassare i fondi che sono sfuggiti al fisco italiano e che stanno in Svizzera, che faranno entrare svariate decine di miliardi in questo Paese. Ultima riflessione. Si parla di costruire l’Europa, ma l’Europa si costruisce con la cittadinanza europea. Proprio in quest’Aula abbiamo vissuto una giornata di lavoro estremamente importante, che avrà effetti sul Parlamento europeo, con la riunione in questa sede dei rappresentanti delle migrazioni interne all’Unione europea. Siamo una sorta di ventottesimo Stato, 25 milioni di europei che vivono in un Paese europeo diverso da quello di origine. Queste iniziative, passate in maniera anche inosservata in Senato, stanno a dimostrare che si sono dette molte banalità per giustificare semplicemente l’incapacità di capire l’importanza del collegio Estero e dei collegamenti con le nostre comunità nel mondo. Voglio sottolineare che se manca la consapevolezza dell’importanza dei collegamenti con queste comunità, per l’Italia più che per le comunità stesse, voterò anch’io la soppressione, ma credo che in quest’Aula tale consapevolezza possa esservi e vi sia. Sono fiducioso pertanto che l’Aula respingerà gli emendamenti soppressivi. Signor Presidente, farà un’ultima considerazione che non riguarda il mio collegio, per non essere accusato di parlare solo della riserva indiana. Sono stanco di ascoltare affermazioni, in particolare quella di ieri del senatore Bricolo, a proposito del Senato federale e del bicameralismo.
Premetto che sarò un difensore del bicameralismo perfetto fino all’ultimo respiro, perché lo considero una garanzia per la nostra democrazia. Ieri, per l’ennesima volta, si è affermato che siamo l’unico Paese in cui vige il bicameralismo perfetto. Detto da una persona che chiede il Senato federale vuol dire ignorare che la Svizzera, Stato federale per eccellenza, ha un Senato federale con una sistema bicamerale perfetto perché anche lì si ritiene necessaria questa garanzia. Dire che siamo l’unico Paese ad avere questo sistema vuol dire nascondere la nostra incapacità a gestire una sola Camera. Non siamo capaci di far funzionare una Camera e vogliamo distruggere la garanzia del bicameralismo perfetto semplicemente per la nostra incapacità. Cari amici della Lega, se volete un Senato federale sono disposto domani mattina a firmare un disegno di legge che lo preveda, ma a patto che sia come quelli esistenti negli Stati federali. La Lombardia deve avere lo stesso numero di senatori del Molise. Il giorno che sarete d’accordo con questo concetto di Senato federale vi firmerò un disegno di legge. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Lauro e Giai).
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