Se gli italiani all’estero, invece di cercar protezione e isolarsi in sigle sconosciute ai più, partecipassero a tutti gli effetti ai dibattiti politici che si svolgono in Italia, sarebbero tenuti in maggior considerazione e peserebbero maggiormente. Da tempo sostengo che gli italiani all’estero dovrebbero intervenire in tutti i fondamentali dibattiti che si svolgono in Italia. Se è vero, come è vero, che vogliamo continuare a considerarci italiani al 100%, non possiamo limitarci, come accade da anni, a preoccuparci soprattutto dei consolati o a protestare oggi per l’ingiustizia di dover continuare a pagare l’Imu sulla nostra unica casa. Dobbiamo renderci conto che questi, pur se molto importanti, sono problemi specifici che purtroppo interessano poco o nulla al resto degli italiani e ai loro eletti nel parlamento.
È sotto gli occhi di tutti che l’aver creato, fin dal lontano 2006, associazioni o partiti dedicati ai residenti all’estero, non ha aiutato per nulla a conseguire i risultati per cui affermavano di essere nati (a parte distribuire qualche comodo seggio ad alcuni dei loro fondatori). Né sembra credibile che si potrebbero ottenere risultati migliori, se questi partiti si dovessero accorpare in uno solo. Noi residenti nelle circoscrizioni estere abbiamo le nostre idee politiche ed una visione di quelle che dovrebbero essere le linee guida del governo, e dobbiamo farle valere a tutti gli effetti.
Cosa desideriamo per il futuro dell’Italia? Vogliamo un Paese con maggiore liberalismo, o propendiamo per un maggior intervento della mano pubblica? Crediamo che per la ripresa economica sia necessario ridurre, e di molto, la pressione fiscale, oppure va bene mantenere quella attuale, magari solo cambiando nome alle imposte? Pensiamo che sia opportuno permettere l’arrivo di milioni di extracomunitari, anche a costo di finire per perdere la nostra identità, o sarebbe giusto contingentarne gli arrivi in base alle nostre attuali possibilità e necessità? Potremmo continuare elencando queste opposte visioni, perché, cosí come accade in Italia, anche all’estero ci differenziamo per opinioni di destra e di sinistra (o, se preferite, di centrodestra e centrosinistra). Come potremmo allora confluire tutti in un unico movimento? Sarebbe la palese dichiarazione che a noi interessa solo avere qualche soldo in più per le scuole, che funzionino i consolati, e che per l’Imu ci equiparino ai residenti. Per tutto il resto della politica ci dovrebbe andar bene tutto, perchè un partito unico non potrebbe sostenere allo stesso tempo politiche di destra e di sinistra. E se effettuasse una scelta, finirebbe ogni volta per litigare e dividersi al suo interno, e saremmo daccapo.
Ma questo non è tutto. Anche ammesso che possa essere sufficiente sostenere unicamente le questioni specifiche, un tale partito, avulso dal prendere posizione su quelli che sono i principali dibattiti politici che interessano agli italiani, finirebbe per essere considerato un corpo estraneo, e farebbe prevalere le voci di coloro che ritengono innecessaria la circoscrizione estero e propongono la sua eliminazione.
Se gli italiani all’estero, invece di cercar protezione e isolarsi in sigle sconosciute ai più, partecipassero a tutti gli effetti ai dibattiti politici che si svolgono in Italia, sarebbero tenuti in maggior considerazione e peserebbero maggiormente. E, dato che sono milioni, se non si frammentano possono ottenere un’alta rappresentanza nei partiti che contano, e quindi, attuando dal loro interno (nelle riunioni di partito, nei congressi, nelle commissioni, nel parlamento) avrebbero maggiori possibilità di conseguire anche quei legittimi risultati, che fin qui sono mancati.
LA REPLICA Ma gli italiani nel mondo non hanno altra possibilità se non i ‘partiti esteri’ – di Ricky Filosa
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