Il ministro Franceschini sfoggiando, dalle colonne de ‘la Repubblica’, tutto il repertorio dialettico della sinistra ‘democratica’ – dal Berlusconi opportunista che ‘fa prevalere le sue vicende personali su quelle del Paese’, all’inesorabilità della storia (‘Il ciclo politico di Berlusconi sta finendo’), passando per le classiche definizioni del berlusconismo come ‘anomalia o populismo’, per concludere con ‘ora, senza diktat e veti, il governo potrà fare scelte coraggiose’ -, conferma due verità: l’unico collante delle diverse anime del Pd continua a essere l’antiberlusconismo militante, ovvero finora l’esecutivo Letta-Alfano ha agito con timidezza e paura.
Che la sinistra non sia in grado di proporre al Paese argomenti forti tranne che la demonizzazione dell’avversario politico lo si sapeva da tempo, è un limite con il quale gli elettori italiani devono convivere. E non saranno di certo le primarie dell‘8 dicembre a modificare questa linea di confine. Desta invece stupore l’auspicio al rinnovato coraggio del governo. Franceschini, forse involontariamente, conferma i sospetti che avevamo da tempo. E cioè che l’esecutivo abbia attuato delle politiche fin troppo modeste, ai limiti della paura. I risultati, al netto della vigilanza ‘attenta’ di talune sentinelle, sono sotto gli occhi di tutti.
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