Cercare subito un accordo per la Libia: così il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, pone in primissimo piano l’emergenza immigrazione sulle pagine della Stampa. Gentiloni, sottolineando che "quest’anno abbiamo avuto un record di arrivi ma anche un record di salvataggi in mare", sostiene che "dobbiamo essere orgogliosi del nostro Paese perché, nonostante le vittime, siamo protagonisti di una eccezionale operazione umanitaria. Altri alzano muri o litigano per poche centinaia di migranti ai confini"; ora, però, urge una soluzione alla crisi libica: "Non dobbiamo perdere la speranza di trovare una base minima per ricostruire una Libia unita e più stabile. Far rullare i tamburi senza questa base minima è inutile, dobbiamo insistere sul piano negoziale", spiega il titolare della Farnesina.
In particolare, bisogna lavorare con immediatezza: "Il tempo è cruciale e non è illimitato, specialmente oggi che la presenza di Daesh a Sirte ha assunto caratteristiche allarmanti: o si chiude in poche settimane o ci troveremo con un’altra Somalia a due passi dalla costa e dovremo reagire in modo diverso", afferma Gentiloni. Perdere del tempo, spiega, porterebbe a porre "nell’agenda della coalizione internazionale anti-Daesh il tema Libia, sapendo che non si tratterebbe più di stabilizzare il paese ma di contenere il terrorismo".
Sull’intervento in Libia del 2011, Gentiloni ammette che fu un errore "non associare all’intervento alcuna idea sulla gestione del dopo-Gheddafi".
Un cenno anche alla crisi siriana, sulla quale – sottolinea ancora il ministro degli Esteri intervistato dalla Stampa – l’Italia "due anni fa è stata la prima, grazie all’ex ministro Bonino, a scoraggiare la tentazione di ‘risolvere’ la crisi siriana solo con qualche bombardamento contro Assad. Mi pare che oggi questa posizione sia più condivisa, specialmente dopo l’accordo sul nucleare iraniano".
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