Per tanto volte si è rischiato nel lungo periodo di Guerra fredda. E’ successo con la crisi “navale” di Cuba, con il Vietnam, con i forti attriti per gli Euromissili di Reagan puntati oltre cortina e in diverse altre occasioni, ma sempre – fortunatamente – sventate. Il più grave disastro nucleare dal secondo dopoguerra e per tutto il Novecento anziché provenire dagli arsenali atomici (come sempre temuto) si è invece scaturito a causa di gravi mancanze umane e di profonde lacune progettuali.
Era il 26 Aprile di 29 anni fa, quando, in Ucraina Settentrionale e a pochi chilometri dalla Bielorussia, il reattore numero 4 della centrale Lenin di Černobyl si surriscaldò fino all’inevitabile esplosione. Livello 7, massimo mai raggiunto, 340 mila gli evacuati nelle immediate vicinanze, cancellati interi paesi dalla cartina geografica attorno al luogo X, 65 i morti diretti e 4000 i tumori accertati in breve tempo. Oltre 6 milioni, secondo le autorità internazioni, i malati che causerà quell’incidente nel corso dei 70 anni avvenire.
Una nube di proporzioni immense che, tramite i venti, le alte pressioni e il favore delle condizioni atmosferiche, nei mesi successivi si propagò ovunque; dai Paesi Baltici al Centro Europa, Italia compresa, fino a parte degli Stati Uniti d’America.
Appurate ormai le inadempienze degli addetti ai lavori cosi come inadatta e deficitaria la progettazione del reattore nucleare RBMK; queste le cause ufficiali. Nelle prime 24 ore gran parte delle nazioni vengono coinvolte in quella tragedia “annunciata”: Svezia, Finlandia, Polonia, Germania, Danimarca, Olanda e Regno Unito. Dopo soli 4 giorni la contaminazione si estende all’interno dei Paesi del Patto di Varsavia: Ungheria, Slovenia e Cecoslovacchia fino a superare la linea immaginaria che segnava l’est filoamericano dall’ovest sovietico; oltre il muro di cinta della città di Berlino.
Dal 26 al 10 del mese successivo un terrore che ha visto coinvolti miliardi di essere umani e una catastrofe che, con il senno di poi, poteva e doveva essere risparmiata. Ora, quel maledetto reattore è stato messo a dormire sotto una spessa coltre di cemento armato, un vero e proprio sarcofago, l’unico rimedio attuabile per spengere un “vulcano artificiale” bollente creato dall’uomo, ribellatosi in quella primavera nella metà degli anni Ottanta.
Il nucleare è utile, il nucleare può esser d’aiuto al genere umano, e su questo campo specifico numerose sono state le diatribe politiche e i referendum in merito. Il nucleare può dar vita migliore all’essere umano, questo è accettabile, ma è anche vero che, come dimostrato nel cuore dell’Ucraina (Ex Urss), può, in taluni casi, se mal gestito, diventare anche una pessima arma a doppio taglio. Onde per cui, crediamo che, dopo quell’amara lezione, molti esperti abbiano capito quanto sia delicato e soprattutto opportuno usare estrema professionalità, in particolare nel campo della fisica nucleare.
E’ bene che non vengano mai dimenticate certe sciagure, in primis per le vittime; uomini, donne e bambini che hanno vissuto direttamente quella vicenda e in secondo luogo perché serva di lezione; poiché dagli errori del passato si può solo che imparare. Il ricordo per tutti noi ancora è fresco, è difficile quanto impossibile rimarginare quella ferita che ha definitivamente segnato l’ambiente e la natura circostante.
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