La Corte d’Appello di Milano conferma parimenti la sentenza di primo grado, 4 anni di reclusione e 5 d’interdizione dai pubblici uffici, che significherebbe, guardando l’anagrafe del Cavaliere, “l’omicidio” giudiziario o ancor meglio politico di Silvio Berlusconi. Se la Cassazione dovesse confermare la condanna, sarebbe la prima in assoluto definitiva mai subita dall’ex premier e decreterebbe la famosa conventio ad excludendum nei suoi riguardi.
Se dovesse finire nelle aule di giustizia la sua carriera politica, dimostreremmo al mondo intero la debolezza di una democrazia incapace di garantire una alternanza e quando i personaggi sono troppo scomodi, il potere giudiziario prende il sopravvento su quello esecutivo e legislativo, calpestando l’indipendenza e l’autonomia dei vari piatti della bilancia in essere per un corretto funzionamento delle Istituzioni.
La sentenza era scritta nell’aria, già dal mattino si prefigurava un epilogo macabro. In soli setti minuti i giudici hanno liquidato le richieste di Ghedini e Longo, legali del Cav, ovvero di sospendere il verdetto sino alla pronuncia della Cassazione. E così ieri sera, alle 19.30, è stata confermata l’intenzione dei giudici meneghini di spedire il Cavaliere alle patrie galere.
Nel tardo autunno, con l’ultimo grado di giudizio, sapremo se questo increscioso evento di cronaca verrà spazzato via o se dovremo arrenderci alla barbarie a cui la nostrana giustizia ci ha abituato.
Twitter @andrewlorusso
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