La sinistra spagnola affonda irrimediabilmente. Tutta la Spagna si colora dell’azzurro del PP di centrodestra (Partido Popular), che ottiene la maggioranza assoluta in tutta la penisola conquistando anche le roccaforti storiche del PSOE (Partido Cocialista Obrero España) della Catalogna e di Andalusia: 186 seggi per il Popolari contro i 110 per i Socialisti, che ne ha persi 60. Il partito di José Luis Rodríguez Zapatero perde 5milioni di voti. Il disastroso risultato elettorale dello scorso 20 Novembre in Spagna è andato oltre le più pessimistiche previsioni. I Socialisti sono già nel panico ed è già stato proposto per il mese di Febbraio, subito dopo il completo passaggio di consegne e poteri al nuovo Esecutivo, un Congresso Nazionale con l’obiettivo di rinnovare tutto il corpo direttivo. Il PSOE deve fare i conti con una profonda crisi d’identità. Zapatero cerca di uscirne fuori con dignità, afferma che gli ultimi anni sono stati troppo violenti e difficili da governare, in preda ad una crisi economico-finanziaria devastante. Alle interviste risponde dicendo che è facile dire quali decisioni si sarebbero dovute prendere quando non si è nella posizione per poterle prendere. Gli spagnoli ricordano ancora con rabbia quando nel 2008 Zapatero si ostinò a negare l’avvento della crisi economica, rifiutando di prendere le contromisure necessarie in tempo utile. Questo il primo e il più funesto dei suoi errori, che portarono la Spagna sull’orlo del precipizio nel giro di pochi anni.
Quando Zapatero salì al potere nel 2004 gli fu servita, dopo due legislature consecutive di governo di destra con José María Aznar, una Spagna in pieno miracolo economico, nel bel mezzo di una vertiginosa crescita economica. A quel Zapatero, che gridava in campagna elettorale il ritiro delle truppe militari dal medio oriente una volta al potere, fu consegnato il Paese. Oggi, quella stessa sinistra viene consegnata nelle mani di Mariano Rajoy, lasciando alla destra una Spagna disastrata, e che guarda a destra.
Discussione su questo articolo