Le elezioni in sette regioni hanno confermato che, nonostante la frenata del suo partito, attualmente la maggioranza degli elettori sta dalla parte di Renzi. Poco vale che il centrodestra celebri la (benvenuta ovviamente) vittoria in Liguria, perchè è dovuta in buona misura alle beghe interne del PD. Non inganniamoci, anche in Liguria la sinistra è tuttora maggioritaria.
Berlusconi continua con i suoi appelli ai “moderati” e a chi si astiene dal voto, ma sembra non capire i veri umori dell’elettorato. La realtà è che la moderata e tentennante Forza Italia continua a perdere voti, mentre chi da anni sta crescendo è solo la Lega, nonostante gli avversari tentino di identificarla con l’estremismo. Ma quale estremismo? Quello di chi chiede la riduzione delle tasse e dell’asfissiante burocrazia? Forse la legittima richiesta di tanti cittadini ad avere meglio difesa la propria sicurezza, e quella di voler mettere un freno ai comportamenti illegali di intere comunità? Se Berlusconi volesse fare una vera autocritica, dovrebbe incominciare per esempio a smentire la sua disponibilità ad approvare lo ius soli, che certamente ha contribuito a fargli perdere consensi.
Oggi il panorama politico è questo. Da un lato cresce molto la Lega, che contrasta il lassismo e l’acquiescenza degli Alfano e delle Boldrini nei confronti dell’invasione degli immigrati (che viene addirittura incentivata andandoli a prendere davanti alle coste dell’Africa, mentre i propositi di distruggere i barconi prima degli imbarchi sembrano svaniti nel nulla). Dall’altro lato, anche se fortunatamente non cresce, resta alta la percentuale di voti del M5S, che moderato certamente non è, con la sua proposta del reddito di cittadinanza, misura populista e comunistoide, tendente com’è all’egualitarismo e alla dipendenza dallo Stato. Ci sono poi i gruppuscoli di estrema sinistra, comprese certe frange riottose presenti ancora all’interno del PD, che è prevedibile confluiranno presto (Dio ce ne scampi) in una nuova Cosa Rossa.
Dove puo’ cercare allora Berlusconi i moderati perduti? In questa analisi, restano gli astenuti e coloro che votano PD. Gli astenuti, più che appartenere di diritto alla categoria dei moderati, dovrebbero essere ascritti a quella dei cittadini nauseati dalla situazione, a cui la cattiva politica e la crisi economica ci hanno condotto. Non li giustifichiamo, ma hanno motivi per essere disillusi, demotivati, disgustati. Tutto, meno che moderati.
La ricerca degli elettori che hanno abbandonato il centrodestra un tempo vincente, ci conduce infine proprio al PD, nuova versione del segretario-premier. La politica che Matteo Renzi sta mettendo in atto, infatti, ha dei contenuti che piacciono a tanti elettori che una volta votavano a destra. Piace il suo antagonismo nei confronti dei sindacati, roccaforte dell’ideologia consociativista, che per decenni ha imbrigliato il Paese. Allo stesso modo, piace il suo decisionismo, non per nulla visto come fumo negli occhi dai vari Bersani e Fassina. Piace inoltre il favore del suo governo verso le grandi opere, adesso sostenute perfino da sindaci di sinistra, come quelli di Torino e di Genova, che un tempo mettevano ostacoli e che oggi hanno proposto l’alta velocità ferroviaria tra le due città, mentre ricordiamo che solo a parlare di Tav e di Terzo Valico ci si ritrovava (e spesso ci si ritrova ancora) assediati da vocianti turbe con bandiere rosse e arcobaleno.
La ricostruzione di un centrodestra vincente appare difficile. Purtroppo, tra le cose perdute, il tempo è certamente irrecuperabile e, dati i limiti imposti da certe sentenze della magistratura, dall’età anagrafica e dai nuovi equilibri interni, dubitiamo che possa essere Berlusconi a ricondurre uno schieramento di centrodestra alla vittoria.
Riteniamo che restino due vie. La prima è quella di rendersi conto che di troppa moderazione si può (politicamente) morire. E quindi fare fronte comune con la Lega in vista delle elezioni politiche del 2018, cercando di recuperare gli astenuti che, più che moderati, sono scontenti e sfiduciati. La seconda via, in un’ottica a più breve tempo, è quella di tentare un riavvicinamento a Renzi, il quale, se nel PD si consumerà una scissione a sinistra, potrebbe pentirsi di aver stracciato l’accordo del Nazareno, perchè avrà bisogno di una sponda a destra più solida e consistente di quella dei Quagliariello e dei Cicchitto, che sono di nuovo in agitazione per garantirsi la loro ragion d’essere in politica.
Noi sceglieremmo la prima soluzione. Ma, come diceva Bismarck, la politica è l’arte del possibile e la seconda via potrebbe risultare più facile.
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