Lo hanno trovato in una stanza d’ospedale, in quello che chi l’ha visto per primo ha definito uno ‘stato deplorevole’, arrivato da una non meglio identificata prigione. Ufficialmente dovrebbe trattarsi di un ladro di piccolo cabotaggio, sbattuto da una prigione all’altra. ‘Dovrebbe’ perche’ la sua identita’ sarebbe un’altra, anzi ben altra, perche’ quell’anziano di piccola ed esile corporatura, malandato e sudicio, dovrebbe essere un uomo tornato dal nulla, dal ‘buco nero’ delle prigioni segrete dove, ne sono convinti molti tunisini, sono finiti gli oppositori del regime, prima di Habib Bourghiba, poi, a partire dalla sua defenestrazione, di Zine El Abidine Ben Ali.
Secondo la Direzione degli stabilimenti penitenziari e lo stesso Ministero della Giustizia tunisini, l’uomo si chiama Abdelmalek Seboui, originario della zona di Jendouba e incappato nella rete della giustizia per furto. Ma per gli attivisti della lega ‘Giustizia ed equita”, che a sostegno della loro tesi portano il riconoscimento ufficiale dei suoi familiari, l’uomo e’ lo sceicco Ahmed Ben Mohamed Lazreg, o almeno questo era il nome che aveva prima di finire in una prigione tunisina , conseguenza di una ‘extraordinary rendition’ tra l’Arabia Saudita e la Tunisia di Ben Ali. Lazreg fu condannato a morte nel 1986, con l’accusa di essere uno ‘youssufiste’, una definizione coniata prima per definire i sostenitori di Salah Ben Youssef e, quindi, tutti coloro che erano oppositori a Bourghiba e Ben Ali, cavalcando le tesi del panarabismo e della concezione arabo-musulmana dello Stato.
Youssef, come spesso la Storia registra, fu dapprima il delfino dichiarato di Bourghiba, per poi divenirne il principale oppositore, accusando il suo mentore di tradire la rivoluzione e il popolo tunisini. Youssef, condannato per due volte a morte (tra il 1957 e il 1958) e scampato all’esecuzione grazie ad un’evasione, rimando’ solo d’un paio d’anni l’appuntamento con la morte, che, per mano di due sicari, lo raggiunse nell’agosto del 1961, in un albergo di Francoforte, mentre la moglie, ignara, in una ambientazione degna di John Le Carre’, lo aspettava in un bar della Kaiserstrasse sorseggiando un caffe’.
La morte di Youssef non elimino’ gli youssufisti che, nel 1962, subirono una decimazione per un (presunto) attentato a Bourghiba, stroncato con una raffica di condanne a morte. Ma la caccia agli oppositori non si arresto’ e sino alla seconda meta’ degli anni ’80 decine di persone finirono in carcere con questa etichetta.
Nel 1986 anche Lazreg, membro di spicco della Lega internazionale musulmana (tanto da meritare la qualifica di ‘sheick’) fu giudicato da un tribunale speciale, ma per sua fortuna in contumacia, perche’ era uscito dal Paese per recarsi in Arabia Saudita. Le autorita’ saudite, per motivi comprensibili ma non giustificabili, decisero di disfarsi di quell’ospite ingombrante ospite e lo consegnarono alla Tunisia.
E una volta arrivato in Patria, dello sceicco Lazreg si sono perse le notizie, cosi’ come le tracce. Ora e’ ricomparso, riaprendo il capitolo mai chiuso di come Bourghiba e Ben Ali reprimevano l’opposizione. Un capitolo che negli anni s’e’ andato arricchendosi grazie alla tenacia di alcune organizzazioni per la difesa della Giustizia e dei Diritti dell’Uomo, ma che resta sempre oscuro. Ora se ne occupera’ la magistratura tunisina, e forse molti misteri si diraderanno.
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