Nelle scorse edizioni il Giornale di Brescia ha dedicato ampio spazio al tema emigrazione e lavoro. Lavoro che in Italia si muove su un prisma dai lati opposti. Se da una parte a settembre il numero di occupati risulta sostanzialmente stabile rispetto al mese precedente, si conferma la flessione dei disoccupati registrata ad agosto e prosegue il calo degli inattivi, dall’altra continua a preoccupare un fenomeno recentemente finito ai margini del dibattito pubblico: quello dell’emigrazione degli italiani – sempre più giovani – all’estero.
In Europa, dove risiedono ben 3 milioni di nostri connazionali, le mete principali della nostra emigrazione sono la Germania (oltre 252 mila nuove iscrizioni), il Regno Unito (quasi 215 mila), la Svizzera (più di 174 mila), la Francia (quasi 109 mila) e il Belgio (circa 59 mila).
“Negli ultimi anni – si legge ancora sul Giornale di Brescia – si è assistito alla crescita in formazione e scolarizzazione della popolazione italiana residente oltreconfine: nel 2018, infatti, il 29,4% è laureato o dottorato e il 29,5% è diplomato mentre il 41,5% è ancora in possesso di un titolo di studio basso o non ha titolo. Viene così svelato un costante errore nella narrazione della mobilità recente raccontata come quasi esclusivamente composta da altamente qualificati occupati in nicchie di lavoro prestigiose e specialistiche quando, invece, a crescere sempre più è la componente dei diplomati alla ricerca all’estero di lavori generici. Ma c’è anche un altro lato del prisma – si legge sempre sul Giornale di Brescia – che preoccupa, e non poco. Per le nuove restrizioni in specifici settori produttivi per fermare l’avanzata del Covid, la sopravvivenza nel mercato del lavoro di un esercito di under 35 è a rischio”.