Si erano fermati lungo la strada per scattare qualche foto allo splendido panorama che si può vedere lungo la strada che porta a Samanà, al Nord della Repubblica Dominicana. Ma, scesi dalla propria macchina, sono stati rapinati da alcuni giovani dominicani che dalla giungla tropicale sono apparsi in maniera improvvisa. Erano tre ragazzi sui vent’anni: uno di loro aveva in mano una pistola, l’altro un machete e il terzo un coltello. Questo è successo a un gruppo di italiani in vacanza nell’isola dei Caraibi. Ovviamente, di fronte alle armi, i nostri connazionali hanno consegnato denaro (circa mille euro ciascuno), smartphone e tutto ciò che avevano. Passaporti compresi. E qui inizia l’odissea per tornare a casa, in Patria.
Nel gruppo di italiani anche due aretini, Pierfrancesco Giornelli di Sansepolcro e Riccardo Cangi di Anghiari. Insieme ai loro amici, si recano a una stazione di polizia. Giornelli racconta: “Ci hanno fatto scrivere la denuncia su un foglio protocollo, a mano, il giorno dopo ci siamo dovuti far prestare un computer in un negozio per trascriverla”.
Senza soldi e senza telefono cellulare, per i turisti rapinati comincia l’incubo vero e proprio. Sono soprattutto i documenti per rimpatriare la maggiore preoccupazione. E a Santo Domingo l’ambasciata italiana ha chiuso lo scorso dicembre. La sede diplomatica tricolore più vicina è quella di Panama, che si occupa – o dovrebbe farlo – proprio della comunità italiana residente nella Repubblica Dominicana. Ma Panama, per loro, è irraggiungibile.
Alla fine “ci ha aiutato solo l’ambasciata francese”, raccontano. E solo a metà gennaio riescono a tornare a casa. Si chiedono: “Possibile che a Santo Domingo, dove vivono stabilmente 50 mila italiani, non ci sia un’ambasciata?”. La stessa domanda che anche noi abbiamo rivolto più volte al governo, al ministero degli Esteri, al Parlamento. Nessuna risposta è arrivata: l’ambasciata ha chiuso e la comunità italiana residente nella RD è stata abbandonata a se stessa, così come sono ormai abbandonati a se stessi gli oltre 130mila turisti italiani che ogni anno visitano l’isola caraibica.
Una sola osservazione, in conclusione, al di là della folle scelta di chiudere l’ambasciata italiana a Santo Domingo. Ed è questa: se insieme a loro i turisti italiani avessero avuto una persona davvero "esperta" di Repubblica Dominicana, forse questa odissea non sarebbe mai iniziata. Probabilmente questa persona avrebbe detto loro che è comunque pericoloso fermarsi lungo la "autopista" che porta a Samanà, una lingua di asfalto circondata dalla giungla. In occasione di viaggi del genere, è consigliabile fermarsi e scendere dalla macchina solo una volta arrivati a destinazione.
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