"Quando i nostri studenti vanno all’estero, nel giro di pochi mesi sono molto apprezzati e sono dei leader, nel loro settore. Però, se un nostro dottorando va all’estero e viene retribuito, ad esempio, negli Stati Uniti, immediatamente ha una retribuzione che è più del doppio di quella che riceve in Italia". Lo afferma il rettore dell’Università la Sapienza di Roma Eugenio Gaudio in una intervista a Il Tempo.
"Noi abbiamo richiamato tanti cervelli, ma poi non sono rimasti. Un professore che negli Stati Uniti ha una retribuzione di centinaia di migliaia di euro, tre quattrocentomila, che torna in Italia e ha una retribuzione di ottanta novantamila euro, poi lì ha la possibilità di sfruttare milioni di dollari per la ricerca, qua anche per comprare una penna deve fare una gara… non creiamo le condizioni per poter rendere competitivo il nostro sistema".
Secondo il rettore "il problema non è soltanto dei nostri cervelli che vanno all’estero perché, se entriamo in un concetto di internazionalizzazione, di globalizzazione, è il tre, quattro per cento dei nostri laureati che va all’estero e questo non ci deve preoccupare, ci deve, anzi, far piacere. Il problema è un altro. Ci dobbiamo chiedere: quanti studiosi di valore, dai Paesi con cui siamo in concorrenza, vengono in Italia? La risposta è, praticamente, nessuno. Perché le condizioni di lavoro, scarsità di posti, livello bassissimo della retribuzione, complicazioni organizzative, perché il nostro è un Paese altamente burocratizzato, scoraggiano fortemente la venuta di studiosi dall’estero. E questo è il vero problema: il nostro Paese non richiama nè capitali nè intelligenze, perché è diventato un Paese burocratizzato che non valorizza nel campo della cultura, della ricerca, della formazione". E sottolinea anche che "i pochi ricercatori mal pagati che abbiamo in Italia producono il doppio di quello che fanno in media gli altri, ma questo non è sufficiente".
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