Continuare a dire che mancano i numeri per votare la riforma costituzionale in realta’ "porta bene" anche perche’, invece, "i numeri al Senato c’erano, ci sono e ci saranno". Ostenta ottimismo Matteo Renzi, al suo ritorno da NY, cosi’ come Maria Elena Boschi. Secondo il ministro, infatti, quello della "conta dei senatori" che potrebbero dire si’ o no al ddl costituzionale e’ piu’ un gioco, tipo "sudoku", che qualcosa di reale. Un "gioco" pero’ destinato ai solutori piu’ abili visto che da oggi anche gli alleati di Ncd sembrano intenzionati a giocare duro e a carte scoperte.
Il coordinatore nazionale del partito Gaetano Quagliariello, dopo mesi di mezze frasi in puro stile Dc d’antan, oggi conferma apertamente che se il governo vorra’ avere la certezza dei voti a Palazzo Madama sul ddl Boschi, prima dovra’ rimettere mano all’ Italicum. I centristi, infatti, riuniti alla festa dell’Udc di San Giovanni Rotondo, rivendicano tutti insieme, segretario Cesa compreso ("Senza di noi il governo ricordi che non va avanti") il loro "diritto ad esistere". Non ci stanno infatti ad essere "inghiottiti" in una prossima tornata elettorale da una lista "egemonizzata da Salvini" o da un’altra "egemonizzata da Renzi". Vogliono avere una propria autonomia e chiedono una modifica (anche in questo caso "chirurgica") alla legge elettorale appena approvata per far si’ che il premio di maggioranza vada alla coalizione e non alla lista. E se questo non avverra’, avverte Quagliariello, potrebbero esserci "conseguenze" per la riforma del Senato perche’, in caso di "no" di Renzi, sui "dissidenti" di Ncd che minacciano di votare "no" non ci potra’ essere piu’ alcun controllo.
Gia’ ieri il presidente dei senatori di Ncd-Ap Renato Schifani aveva fatto presagire il rischio, ma la presa di posizione di Quagliariello, condivisa da FI, suona senz’ altro piu’ chiara.
Talmente chiara che Lorenzo Guerini la boccia senza appello: "L’Italicum non si tocca". "Ci sono varie ipotesi di accordo e un accordo lo troveremo", ma sulla legge elettorale "non c’e’ alcuna intenzione di tornare indietro". "Perche’ mai si dovrebbe fare questo favore al centrodestra?", commenta un tecnico del governo. "Perche’ mai il Pd dovrebbe fare questo regalo a Berlusconi e co.?", insiste.
Accettare l’idea di un premio di maggioranza alla coalizione significherebbe dare la possibilita’ al centrodestra di riorganizzarsi e ripresentarsi alle prossime elezioni con una forza piu’ consistente di quella che potrebbero avere singoli partiti destinati a raccogliere percentuali difficilmente a due cifre. Perche’ il Pd dovrebbe accettare quello che gia’ chiama "il ricatto" soprattutto dopo che "tutti i centristi hanno votato l’Italicum anche con la fiducia?", osservano ancora esponenti del governo. E che quella sulla legge elettorale fosse la vera partita anche per buona parte della minoranza Dem il governo lo va sostenendo da tempo. Solo che molti di loro "ancora non l’hanno ammesso apertamente". E infatti Vannino Chiti continua a parlare dell’articolo 2, cuore della riforma, che andrebbe modificato con l’operazione "chirurgica" sull’eleggibilita’ dei "senatori consiglieri regionali" come "proposto ieri da Giorgio Tonini". Una proposta criticata dai vertici del partito sulla quale pero’, sostengono senatori come Claudio Martini, si dovrebbe "ancora riflettere".
Tra i Dem comunque proseguira’ il confronto, nonostante Pino Pisicchio e Cesa chiedano che non diventi solo "una questione interna al Pd". Ma il risultato non e’ scontato "visto che il Lodo Tonini sarebbe potuto essere un punto di caduta che ora difficilmente potra’ essere riproposto". A Palazzo Madama, pero’, potrebbero esserci sorprese e non solo perche’ Verdini e i suoi sono pronti a votare la riforma, come ammette la Boschi ("l’hanno votata una volta perche’ non dovrebbero rifarlo?"), ma anche perche’, avverte Giacomo Portas, "nuovi senatori, come Davico, stanno per entrare nelle file dei Moderati per assicurare il loro si’".
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