In questi giorni il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo ha rilanciato l’idea di un referendum sull’adesione del nostro Paese all’euro, sull’esempio della proposta dall’attuale primo ministro inglese David Cameron di tenere un referendum per chiedere se il Regno Unito debba rimanere o meno nell’Unione Europea. Siamo andati per questo a vedere i risultati delle indagini di Eurobarometro, il consorzio di ricerca comunitario, riguardanti l’opinione dei cittadini europei nei confronti della moneta unica. Ci siamo soffermati ovviamente sui risultati in Italia, ma anche in alcuni Paesi significativi: Germania, Grecia, Spagna e Portogallo, ovvero nel Paese più forte della zona euro e in tre invece fortemente colpiti dalla crisi economica degli ultimi anni. Si è voluta inoltre prendere in esame un serie storica che inizia con la rilevazione dell’autunno 2008, prima dell’aggravarsi della crisi economico-finanziaria, concludendosi con gli ultimi dati disponibili risalenti allo scorso novembre.
I risultati evidenziano in primo luogo come i favorevoli all’Euro si siano dimostrati nel corso degli anni maggioritari in tutti i Paesi analizzati, anche se nei singoli Paesi si sono verificate alcune significative oscillazioni. Per esempio proprio nel nostro Paese il sostegno alla moneta è andato gradualmente crescendo nel periodo fra l’autunno del 2008 (61% di favorevoli) e l’autunno del 2010 (68%), rimanendo nel complesso stabile fino alla rilevazione del maggio 2011 (67%) e poi crollando di dieci punti nel novembre 2011, quando l’Italia si è ritrovata nel pieno della tempesta generata dai mercati finanziari, venendo sostanzialmente “commissariata” dalla Banca Centrale Europea: sono di quei giorni le dimissioni di Silvio Berlusconi e la nascita del Governo “tecnico” presieduto da Mario Monti. I favorevoli all’euro diminuiscono ulteriormente nei primi mesi del 2012 (a maggio erano il 53%) dopo i primi severi provvedimenti presi “in nome dell’Europa” dal nuovo Governo, per poi risalire leggermente nei mesi successivi fino al 57% dell’ultima rilevazione.
Guardando agli altri Paesi presi in esame, com’era lecito attendersi, sono i tedeschi i più stabilmente soddisfatti dell’euro, anche se dal 71% di favorevoli del novembre 2008 si scende a valori di poco superiori al 60% fra il maggio 2010 e il maggio 2011, per poi risalire fino al 69% del novembre scorso. Chi un po’ sorprendentemente evidenzia percentuali alte di favorevoli alla moneta unica è la Grecia, che dal 58% di fine 2008 sale gradualmente nel corso degli anni, fino al picco del 75% fra il novembre 2011 e il maggio 2012, periodo in cui la crisi che ha colpito il Paese si stava rivelando in tutta la sua gravità, per poi ridiscendere al 65% nella rilevazione di fine 2012. Andamento più regolare per la Spagna, che in questi quattro anni ha visto percentuali superiori al 60% di favorevoli all’euro con l’eccezione del maggio 2012, quando all’indomani dell’insediamento del Governo Rajoy e dei suoi primi severi provvedimenti coloro che si esprimevano in favore della moneta unica erano scesi al 55%, per poi risalire al 63% già sei mesi più tardi. Infine, il Portogallo è il Paese fra quelli analizzati in cui il sostegno all’euro è stato più debole, dal 53% di fine 2008 fino a scendere sotto la soglia del 50% a maggio 2011, ovvero nei mesi in cui sono stati decisi per Lisbona gli aiuti dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale.
Per concludere, al di là di passaggi di particolare asprezza della crisi economica di questi anni che hanno portato in alcuni Stati ad un’opinione meno favorevole verso la moneta unica europea, sembra comunque essersi consolidata l’idea che quello dell’euro, in vigore dal 1999 ma entrato materialmente delle nostre vite dal 1° gennaio 2002 (quando ne iniziò la circolazione in 12 paesi), sia un percorso di sola andata. E anche gli italiani, se fossero chiamati a decidere tramite un referendum, difficilmente sceglierebbero in maggioranza il ritorno alla vecchia “liretta”.
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