Nichi Vendola ha deciso di concorrere alle primarie del centrosinistra ‘per scacciare il fantasma del Monti-bis’. E farne l’occasione di una svolta. Una dichiarazione che fa ‘inorridire’ Pier Ferdinando Casini ma non Pier Luigi Bersani il quale rinfaccia al leader centrista i suoi trascorsi con Silvio Berlusconi. Una apparente confusione dietro la quale si intuisce il cuore della manovra in corso: il segretario democratico non intende lasciare a Casini, e alla sua lista civica, la regia della futura legislatura.
Il disegno di Bersani resta sempre quello di conciliare, dopo il voto, le idee dell’Udc con quelle di Sel. Archiviando le larghe intese. Naturalmente bisognera’ vedere come finiranno le elezioni e con quale legge elettorale si votera’: ma al momento il Pd non intende seguire il terzo polo in un’investitura del Professore alla guida di un nuovo governo, sia pure a profilo politico. Si puo’ capire. La base elettorale della sinistra e’ in rivolta contro la politica economica dei tecnici. E’ arrivato anche il verdetto della Corte dei conti a giustificare il malessere dilagante: una prolungata austerity, osserva la magistratura contabile, rende impossibile la crescita e la caduta dei consumi distrugge di fatto le capacita’ produttive e competitive delle nostre imprese.
Il premier non deve averla presa bene se ha fatto subito diffondere da palazzo Chigi un puntiglioso documento sull’operativita’ delle riforme varate dall’esecutivo (realizzate all’ottanta per cento); e se ha tessuto platealmente l’elogio della Germania a cui attribuisce il merito di aver innescato nella Ue il circolo virtuoso dei progressi di bilancio e delle riforme. Ma resta il fatto che, secondo il Pd, si e’ esagerato con il rigore senza nessun risultato sul fronte della crescita. Lo stesso presidente di Confindustria Giorgio Squinzi non crede ai pronostici del governo e pensa che non ci sara’ nessuna ripresa prima del 2015. Ora, Bersani non vuole aspettare cosi’ a lungo; come molti esponenti del centrosinistra e’ convinto che esista anche un’altra strada per combattere la disoccupazione e dare lavoro ai giovani. E’ una strada simile a quella di Hollande e diversa da quella della Merkel. Se le urne premieranno il Pd, e’ il suo ragionamento, ci sara’ la possibilita’ di sperimentare anche nel nostro Paese una via alla francese con l’appoggio del moderatismo italiano. In tal caso Monti non sarebbe fuori dai giochi, ma il suo ruolo di garante potrebbe essere svolto piu’ proficuamente dal Quirinale, analogamente a quanto fatto da Giorgio Napolitano in questa legislatura.
E’ una strategia che puo’ essere favorita dallo sfarinamento del centrodestra, con la Lega all’opposizione e il Pdl a rischio implosione. L’ala dura degli ex An, capitanata dal sindaco di Roma Alemanno, e’ sempre piu’ tentata dalla scissione: secondo i berlusconiani questa scelta non farebbe che aumentare il disorientamento della base e porterebbe in ultima analisi ad una balcanizzazione del centrodestra o all’opa ostile della lista civica di Casini e Montezemolo. Cio’ spiega la frenata di Bersani nella trattativa sulla legge elettorale. L’ottimismo che ha accompagnato la mediazione Calderoli sul modello spagnolo appare al segretario democratico del tutto prematuro. Sarebbe folle, rincara Dario Franceschini, accettare un proporzionale che porta alla frammentazione solo per rendere inevitabile un Monti-bis. Ma il tempo stringe e il Pdl accusa il Pd di volersi tenere il Porcellum perche’ gli conviene: l’attuale legge, in base ai sondaggi, consegnerebbe all’alleanza Pd-Sel una corposa vittoria.
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