Sono dure e non molte fortunate le “esternazioni” del premier Mario Monti alla stampa internazionale e dopo le polemiche nate in seguito all’intervista a “Der Spiegel”, ora è la volta delle risentite reazioni del Pdl, alla sua affermazione sul Wall Street Journal: “se il precedente governo fosse ancora al potere, gli spread dell’Italia sarebbero ora a 1200 punti”. Va su tutte le furie Cicchitto, che replica: ”Abbiamo l’impressione che il presidente Monti dovrebbe avere una maggiore sobrietà nelle sue interviste a giornali esteri, ieri a Der Spiegel e oggi al WSJ. Capiamo che gli può risultare sgradito il fatto che il saliscendi degli spread sta avvenendo anche durante il suo governo e che ciò può averlo innervosito, ma questo non giustifica una provocazione tanto inutile quanto stupida che rinviamo al mittente, comprese le giustificazioni di Palazzo Chigi. Crediamo che il momento sia così serio da non consentire questi inaccettabili e gratuiti esercizi polemici fatti nei confronti di chi sta appoggiando lealmente il suo governo”. Ma con incredibile rapidità replica Palazzo Chigi, che, in una nota, dice che non c’è alcun intento polemico nei confronti del precedente esecutivo. La stima fornita da Monti di uno spread a 1200 punti deriva da una proiezione dei possibili effetti della speculazione nei confronti del nostro Paese in assenza di un segnale di discontinuità. Da aprile a novembre 2011, lo spread passò da 150 punti a 550. Per questo motivo, ricordano le stesse fonti, si ricorse al Governo tecnico.
A poca distanza dalle parole di Monti, i deputati del Pdl fanno andare sotto il Governo, alla Camera, su un ordine del giorno del decreto per la spending review che riguarda la sicurezza. "Lo abbiamo fatto apposta – spiega il tesoriere del gruppo Pietro Laffranco – per protesta contro le parole di Monti su Berlusconi. Ha detto una sacrosanta sciocchezza e noi abbiamo voluto lanciare un segnale".
Il Wall Street Journal torna a sottolineare, in più passaggi, citando non solo le azioni finora compiute, sia in politica economica interna (non senza momenti di tensione come nel caso della riforma del lavoro) sia nella gestione della crisi dell’eurozona a livello internazionale la credibilità di Monti, dimostrata – ricorda – “nella posizione tenuta all’ultimo Consiglio europeo di fine giugno nel quale ha ‘spuntato’ un primo via libera allo scudo anti-spread. Un vertice, quello di un mese e mezzo fa, in cui "ha dato, a sorpresa, un ultimatum alla cancelliera Angela Merkel" mettendo in luce "un conflitto, anche filosofico, che è al centro dell’eurozona".
Ma anche all’ultimo G20 di Los Cabos quando – ricorda il Wsj – l’idea di Monti di un piano anti-spread ha incassato l’appoggio del presidente Usa, Barack Obama, nonostante l’opposizione della cancelliera tedesca. Un presidente, Obama, preoccupato per i venti di crisi che spirano in Europa ma che – sottolinea il giornale – "non poteva spingere i leader europei ad un accordo". E Monti "non ha mollato". Eppure aggiunge che il premier è un fenomeno tutto italiano, unico caso di “un leader non eletto, chiamato a misure impopolari cui i partiti politici si sono tenuti alla larga". Lui "non ha una sua base se non la sua credibilità personale".
Il Wall Street Journal si sofferma poi sul nodo Bce, "la sola che ha la potenza di fuoco necessaria a muovere i mercati". E su cui punta anche Monti che – secondo il giornale Usa – non ha dubbi sul fatto che l’Eurotower farà tutto il necessario per salvare l’euro: "Sono sicuro che la notte prima della disintegrazione" della moneta unica, la Banca Centrale Europea "farà tutto il necessario per salvarla: la domanda è se è necessario arrivare alla notte prima?", conclude il Wsj citando le parole del premier italiano.
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